domenica 10 luglio 2011

FONTANILI NEL PARCO AGRICOLO SUD MILANO

Fontanili. Siglato Protocollo per la valorizzazione del reticolo irriguo tra Morimondo e i territori lungo l’asta del Naviglio di Bereguardo


Sottoscritto protocollo d’intesa tra Consorzio et Villoresi, Morimondo, Parco Ticino e Fondazione dell’Ospedale Maggiore Ca’ Granda.




(mi-lorenteggio.com) Moriondo, 09 luglio 2011 – Con l’approvazione, da parte del Consiglio d’Amministrazione del Consorzio di Bonifica ET Villoresi dello schema di Protocollo d’intesa per la valorizzazione del reticolo irriguo e delle valenze paesaggistico ambientali nel Comune di Morimondo e nei territori lungo l’asta del Naviglio di Bereguardo, e con l’invio del progetto definitivo per la richiesta di finanziamenti a Regione Lombardia, si è entrati nell’ultima fase di un accordo dal grande valore sotto il profilo paesistico e ambientale.
“In buona sostanza, insieme al Comune di Morimondo, al Parco del Ticino e alla Fondazione dell’Ospedale Maggiore Ca’ Granda – spiega il Presidente del Consorzio ET Villoresi Alessandro Folli – diamo applicazione pratica ad un progetto il cui obiettivo di fondo è la tutela del reticolo irriguo di questo territorio e la sua valorizzazione turistico ambientale, in particolar modo mettendo a sistema i diversi percorsi collegati all’asta del Naviglio di Bereguardo”.
“Si tratta – continua il Presidente Folli – di un ‘percorso aperto’ teso alla riqualificazione di un’intera area e al quale, in futuro, auspichiamo vivamente si possano aggregare altri soggetti”.
Nel dettaglio, i progetti attivati riguardano la riqualificazione idraulica e ambientale del Fosson Morto e di alcuni fontanili e marcite vicine all’Abbazia di Morimondo.
In concreto, la prima azione riguarda tre fontanili collocati, rispettivamente a Nord e a Est dell’Abbazia, oltre che sul territorio della medesima.
La domanda di finanziamento prevede una copertura della spesa pari al 100%, per un importo complessivo di poco superiore ai 35 mila euro.
Da un punto di vista procedurale, entro il prossimo 6 novembre sarà pubblicata dalla Regione Lombardia la graduatoria per l’accesso ai finanziamenti previsti per il recupero dei fontanili all’interno del Piano di Sviluppo Regionale (PRS). A quel punto si potrà procedere con il progetto esecutivo.
La firma congiunta per il Protocollo d’intesa giunge dopo che la bozza di convenzione è passata al vaglio dei Consigli dei diversi soggetti coinvolti.
“Ancora una volta – evidenzia il Presidente Folli – il Consorzio ET Villoresi, insieme a tutta la sua struttura che ha redatto il progetto, si è prestato volentieri a ricoprire il ruolo di ‘regista’ rispetto ad un’operazione di preziosa valorizzazione di un’area strategica all’interno del ‘Sistema dei Navigli’, dimostrando, inoltre, di saper rispondere in pieno alla sua ‘mission’ di soggetto deputato alla tutela ambientale e paesaggistica del territorio, nonché alla sua fruizione e promozione turistica”.
“Il fatto – conclude il Sindaco di Morimondo Marco Marelli - di trovarci qui oggi insieme per questa firma, mi pare altamente significativo di come la proficua collaborazione istituzionale ai diversi livelli possa portare a risultati tangibili. Da parte nostra c’è grande soddisfazione, Morimondo diventa così protagonista di un ‘progetto pilota’ che, come abbiamo avuto modo di sentire questa mattina, potrà diventare un modello di lavoro da applicare anche in altre realtà”.

sabato 9 luglio 2011

MESSA IN SICUREZZA DELLE ALZAIE DEL NAVIGLIO GRANDE

IL PARCO » Messa in sicurezza delle Alzaie
Messa in sicurezza delle Alzaie



Scalette e salvagenti per rendere sicure le alzaie del Naviglio Grande

Novanta presidi di sicurezza, ossia postazioni di salvataggio composte di scalette e salvagenti, a garanzia della percorribilità delle alzaie del Naviglio Grande. La proposta di progetto realizzato dall’architetto Ermanno Ranzani per conto del Consorzio Parco della Valle del Ticino, definisce le postazioni di salvataggio e le loro collocazioni per la parte di Naviglio Grande che va dal comune di Turbigo al comune di Abbiategrasso. Per questa tratta le alzaie sono in concessione per alcune parti al Parco del Ticino e per altre parti ai singoli comuni.

Le opere proposte si inquadrano in una serie di opere che tutte assieme dovranno garantire, nel tempo, la fruibilità più ampia degli itinerari pedonali e ciclabili del Naviglio Grande. La cadenza dei presidi sarà valutata in relazione ai contesti, alle diverse caratteristiche ambientali del luogo e ai diversi gradi di pericolosità riscontrabili. In linea puramente indicativa sarà realizzato un presidio ogni 200 metri collocati in corrispondenza delle alzaie.



La strada alzaia del Naviglio Grande, appartenente al demanio regionale, è gestita dal Parco del Ticino in virtù di concessione che la destina ad un uso esclusivamente di servizio; la Regione Lombardia stessa ne riconosce nell’atto di concessione la mancanza dei requisiti di sicurezza, e pertanto l’alzaia non può essere utilizzata né come pista pedonale né tantomeno ciclabile. La convenzione siglata lo scorso marzo tra Regione Lombardia e Parco del Ticino prevede “l’impegno di Regione e Parco Ticino a ripristinare l’uso ciclabile e/o pedonale della Strada alzaia dopo la realizzazione delle opere necessarie per la sia messa in sicurezza, previo reperimento delle risorse finanziarie necessarie”.

Il progetto e le tipologie di sponde



Il progetto prevede la messa in opera di 90 postazioni di sicurezza lungo le sponde del Naviglio Grande da Abbiategrasso a Turbigo, escluso il tratto Pontevecchio – Pontenuovo in Comune di Magenta, in quanto interessato da analogo intervento già in fase di realizzazione a cura del Comune, in modo di consentire un uso pedonale sicuro della strada Alzaia, principalmente a scopo turistico- ricreativo.

La postazione di sicurezza è composta da:

- una scaletta in tubolare, di acciaio successivamente verniciato, ancorata sulla sponda in modo da consentire, nel caso di caduta accidentale in acqua, l’accesso alla riva;

- un pannello di acciaio successivamente verniciato, posto sulla sponda in coincidenza con la scaletta in modo da rendere visibile il punto di salvataggio anche dall’acqua. Il pannello ha anche la funzione di sostegno di un salvagente e sagola da 30 metri, con caratteristiche definite per tale uso, da utilizzare in caso di necessità direttamente dalla sponda .

La scaletta verrà posizionata con ancoraggi idonei in modo da assicurare un carico di 300 kg oltre la componente data dalla velocità della corrente, senza modificare in alcun modo i muri spondali in quanto gli stessi verranno unicamente coinvolti con la piastra di ancoraggio prevista al piede della scaletta.

La postazione verrà predisposta con la scaletta, il pannello, il salvagente e la sagola di colore rosso.

Nella scelta dei colori si è tenuto conto di due esigenze principali:

- garantire il miglior inserimento ambientale e paesaggistico delle nuove strutture;

- garantire la visibilità delle stesse.

La storia

Negli ultimi 10 anni l’uso del Naviglio Grande si è fortemente modificato andando sempre di più verso una maggiore presenza di utenti che a vario titolo fruiscono di questo ambiente in più modi. Migliaia di persone passeggiano a piedi, percorrono in bicicletta le alzaie, nuotano o navigano sul naviglio e questi fatti che pur sempre erano esistiti oggi si manifestano in maniera crescente e preponderante segnando anche in questo caso quella diversa concezione degli usi e degli ambienti tipici della Contemporaneità. Partendo da questa considerazione diventa indispensabile ragionare su questi nuovi usi e assecondarli dando nuove garanzie di sicurezza. La proposta dei presidi rappresenta perciò il primo, di una serie di elementi che si costRUIRANNO nell’affrontare la sicurezza di questo ambiente. E’ perciò evidente che la sicurezza nel suo complesso si otterrà con la sommatoria di più azioni congiunte (presidi più parapetti più spostamenti del tracciato dell’alzaia, etc).

Il Parco del Ticino iniziò ad interessarsi attivamente di “piste ciclabili” 23 anni fa, periodo in cui iniziò la campagna, allora definita “Isola Ticino”, con la quale fu finalmente applicato il dettato del Piano Territoriale di Coordinamento che prevedeva il divieto d’accesso alle auto nelle zone di Riserva Naturale e sul greto del fiume.

Prima di allora, infatti, i boschi e le spiagge del Ticino erano invasi dalle automobili che venivano parcheggiate sin sul greto del fiume.

Già da allora era chiaro agli amministratori del Parco che una situazione del genere non poteva certamente essere ritenuta confacente ad un’area protetta, né dal punto di vista ambientale (danni alla vegetazione,rumori, rifiuti abbandonati, inquinamento dell’aria) né dal punto di vista fruitivo, dato che si trattava di luoghi (lanche, boschi, prati, sentieri, ecc.) per definizione incompatibili con la presenza di mezzi motorizzati.

L’Isola Ticino fu un’operazione lunga e complessa che richiese molta pazienza e tenacia, soprattutto perché, per ottenere qualche risultato, si rendeva necessaria la collaborazione delle amministrazioni locali per il reperimento di idonee aree a parcheggio, per lo più esterne alle riserve naturali e un’azione di convincimento degli utenti del Ticino ad accettare l’iniziativa.

Sarebbe in ogni modo stato un grave errore di valutazione pensare di allontanare le auto dalle zone più importanti naturalisticamente, senza impostare una politica complessiva e propositiva riguardo all’organizzazione del tempo libero nel Parco del Ticino, territorio che complessivamente coinvolge un bacino di utenza molto vasto, dell’ordine di alcuni milioni di abitanti.

La realizzazione di un sistema di piste ciclabili, lungo i canali o lungo il fiume, che andasse da nord a sud, dal lago Maggiore al Po, sembrò una delle soluzioni ideali da vari punti di vista. Innanzi tutto perché lungo l’80% circa del percorso era già esistente una viabilità secondaria (alzaie e strade consortili), anche se necessitava di opere di regolamentazione ed adeguamento; in secondo luogo perché le strade erano in buona parte di proprietà di enti pubblici (Regione Lombardia, Consorzio Bonifica Villoresi, Enel) e quindi un accordo sulla gestione ciclabile dei percorsi non avrebbe comportato le difficoltà che possono sorgere con le proprietà private; in terzo luogo perché i percorsi si trovavano in una posizione geografica, ambientale e paesaggistica ideale: appena fuori dalle Riserve Naturali e quindi da ambienti fragili e non adatti a forti frequentazioni, ma in ogni caso all’interno di un ambiente ed un paesaggio interessantissimi che nei secoli si erano arricchiti di elementi architettonici di grande fascino e di valore storico. Alle intenzioni seguirono i fatti, e già nel 1992 il Parco, attraverso una convenzione con la Regione Lombardia (poi rinnovata nel 2001 e, in ultimo, nel marzo del 2010), realizzò il primo tratto di pista ciclabile lungo il Naviglio Grande, da Turbigo ad Abbiategrasso, e successivamente, dopo un accordo con il Consorzio Villoresi, lungo un tratto del Naviglio di Bereguardo, da Abbiategrasso sino a Motta Visconti.

Da subito, ci si pose il problema della sicurezza di percorsi che utilizzavano strade alzaie di un canale navigabile ancora attivo e pertanto, a differenza di altri non più classificati navigabili, come il Naviglio Martesana o il Canale Villoresi, non recintabile. Infatti, l’attiraglio delle barche, anche se nel 1992 oramai ne passavano pochissime, necessitava che le corde di trazione non incontrassero ostacoli lungo la sponda; solo in prossimità dei ponti, laddove lo sgancio e riaggancio delle barche costringevano comunque gli operatori alla manovra, era possibile proteggere brevi tratti del canale con modalità tali che la corda di traino della barca potesse scivolare sopra la difesa .

Per affrontare tale problematica, il Parco optò per un regolamento d’uso da rendere noto all’inizio delle piste e quindi ad una segnaletica orizzontale e verticale tali da mettere sul “chi va là” gli utilizzatori dei percorsi.

Poche regole e chiare: non superare i 20 chilometri all’ora, tenere la destra, non utilizzare le piste per usi impropri (cavalli, ad esempio) e soprattutto, in analogia con quanto avviene nelle stazioni ferroviarie e nelle metropolitane, non oltrepassare una linea gialla di sicurezza che delimitava il percorso ciclabile dalla fascia più prossima al canale e più esposta all’acqua.



I costi

Il costo complessivo dei lavori è di 232.021,80 euro. Le postazioni previste sono 90 (per un costo singolo di circa 2.600 euro), di cui 16 sono di competenza comunale: 5 a Cassinetta di Lugagnano, 4 a Robecco sul Naviglio, 2 a Boffalora Ticino, 1 a Bernate Ticino, 2 a Robecchetto con Induno, 2 a Turbigo

lunedì 4 luglio 2011

PARCO AGRICOLO SUD MILANO - La strada del latte e dei formaggi

Parco Agricolo Sud Milano, la strada del Latte e dei Formaggi

Un’infrastruttura alternativa per lo sviluppo sostenibile in vista di Expo 2015

Territorio "Milano è situata in una bella, ricca e fertile pianura, tra due mirabili fiumi, Ticino e Adda".

Così Bonvesin De la Riva nel suo "Le meraviglie della città di Milano", scritto nel 1288, descriveva il capoluogo lombardo citando i prodotti della campagna milanese: cereali, legumi, frutta, ortaggi.

Fino agli anni Cinquanta del secolo scorso Milano e la sua terra erano una cosa sola e il legame dei milanesi con l'agricoltura del loro territorio era strettissimo. In seguito questo rapporto è cambiato; città e campagna circostante si sono allontanate anche per la crescita esponenziale dell’attività industriale, delle periferie e in virtù di un modello di sviluppo che vedeva nell’agricoltura il passato e solo nell’industria il futuro.

La crisi economica dell’era post-industriale che stiamo vivendo ci fa assistere oggi a un’inversione di tendenza. L’economia, la società e i singoli cittadini tornano a guardare con interesse all'agricoltura, riconoscendone i ruoli strategici: produzione di cibo e risorsa economica, garanzia di salute e, oggi, anche conservazione del territorio, del paesaggio e dell’identità culturale.

L’agricoltura è di fatto la più antica e fondamentale attività economica a disposizione dell’uomo; imprescindibile per la sua sopravvivenza e non a caso definita “primo settore”.

La Lombardia, prima regione agricola d'Italia e seconda d’Europa, e Milano, secondo comune agricolo d’Italia grazie agli oltre 4 mila ettari di territorio comunale coltivato, non possono non essere protagonisti di questa rinnovata attenzione verso l’agricoltura .

Il FAI - Fondo Ambiente Italiano ha deciso di farsi portavoce di questo ritrovato interesse puntando ora i riflettori sul Parco Agricolo Sud Milano, cintura verde metropolitana tra le più estese d’Europa, straordinaria area agricola a vocazione naturalistica con i suoi 47.000 ettari (470milioni di mq.), ricca di cascine storiche, abbazie millenarie, tenute, mulini, borghi storici intatti: un patrimonio costituito da una realtà produttiva intrecciata con la cultura e la storia del territorio.

Il FAI presenta oggi la ricerca, realizzata grazie a una borsa di studio devoluta da Eni S.p.A., i cui risultati pongono l’accento sui gravi pericoli incombenti sul Parco Agricolo Sud e sul valore strategico dell’agricoltura periurbana e affermano inoltre il ruolo del Parco Agricolo Sud Milano come “modello” europeo di parco agricolo, secondo i principi che ne hanno ispirato l’istituzione.

In vista di Expo 2015, il cui tema “Nutrire il pianeta, Energia per la vita” è direttamente legato all’agricoltura, il FAI in collaborazione con Expo 2015 S.p.A. e CIA Lombardia - Confederazione Italiana Agricoltori, lancia “La strada del latte e dei formaggi”: un progetto quinquennale che accompagnerà i cittadini con eventi e iniziative dedicate a partire dall’ottobre di quest’anno fino al 2015, in occasione dell’Expo. Un progetto di ampio respiro per valorizzare le attività economiche tipiche della campagna milanese, scegliendo un prodotto “simbolo” dell’agricoltura lombarda quale il latte e il formaggio da esso derivato.

Obiettivo principale è far conoscere ai cittadini quell’immenso patrimonio di natura e cultura che è il Parco Agricolo Sud Milano, attraverso la conoscenza delle sue attività agricole produttive, per riallacciare quel millenario rapporto, oggi in parte interrotto, tra campagna e città.

I milanesi devono riavvicinarsi alle radici agricole della loro città, la cui ricchezza trova origine proprio nella fertile campagna circostante, tant’è che già l’imperatrice d’Austria Maria Teresa d’Asburgo ne aveva riconosciuto le potenzialità.

Ancora una volta il FAI ribadisce che “si difende ciò che si ama e si ama ciò che si conosce”: e questo per il Parco Agricolo Sud Milano è ancora più vero. Ecco perché ha senso parlare di un percorso di conoscenza che FAI, insieme a Expo 2015 S.p.A. e a CIA Lombardia, vuole offrire ai milanesi affinché, diventando consapevoli della ricchezza e dell’identità del loro territorio, ne siano i primi ambasciatori durante l’Expo 2015. Già Carlo Cattaneo esprimeva questa consapevolezza celebrando il paesaggio agricolo lombardo come “frutto del lavoro meticoloso e millenario dell'uomo e dell'intelligenza e sapienza degli agricoltori”.

A ottobre si darà visibilità con due eventi , una sorta di “numero zero”, al progetto “La strada del latte e dei formaggi”, con il supporto di Provincia di Milano e del Parco Agricolo Sud Milano, con il generoso contributo di Intesa Sanpaolo – Agriventure, del Consorzio Grana Padano e Granarolo:

- sabato 1 ottobre in una piazza del centro storico di Milano, con un’iniziativa volta alla sensibilizzazione dei cittadini attraverso la promozione e la degustazione dei formaggi lattiero-caseari con stand e illustrazioni della filiera, per far percepire il legame intrinseco tra i prodotti e il loro territorio, espressione di storia e di cultura che si fondono nel paesaggio lombardo;

- domenica 2 ottobre nel territorio del Parco, con una giornata dedicata alla conoscenza del territorio attraverso percorsi che ruotano intorno ai luoghi della produzione del latte e della sua trasformazione. In programma anche visite guidate ai beni di interesse storico-artistico, cascine aperte con visita alle stalle, degustazioni e possibilità di acquisto di prodotti tipici, percorsi pedonali e ciclabili per tutte le età.

A testimonianza che “il bello” e “il buono” devono andare di pari passo: la bellezza del paesaggio rurale lombardo si esprime anche attraverso la bontà dei suoi prodotti, che garantiscono a loro volta la sopravvivenza del paesaggio stesso.

Il FAI è certo che la qualità dell’agricoltura periurbana è uno dei cardini per lo sviluppo sostenibile dell’area metropolitana milanese. E che la ricostruzione di un rapporto tra città e campagna è fondamentale per i vantaggi che può portare a tutta la società: l’agricoltura è infatti una necessità primaria, garante della sicurezza alimentare. Ma è anche un formidabile produttore di beni pubblici come la salvaguardia ambientale, il presidio del territorio, la tutela delle risorse naturali (l’acqua, la terra), nonché un indispensabile contesto naturale per un turismo culturale di qualità che possa anche essere veicolo di sviluppo economico e di ricchezza collettiva.

domenica 3 luglio 2011

COME DOMARE UNA DISCESA IN MOUNTAIN BIKE

COME DOMARE UNA DISCESA IN MOUTAIN BIKE


Il timore che preoccupa di più un biker alle prime armi è come domare una discesa. La paura di cadere e di farsi male ci fermano davanti ai sentieri che puntano verso il basso. Con alcuni accorgimenti e un pizzico di coraggio si può affrontare una discesa nel modo più opportuno.
REGOLAZIONE DELLA BIKE
Avete mai pensato che forse la vostra bike non è adatta alle vostre caratteristiche fisiche o più semplicemente non è settata nella maniera corretta? Il primo aspetto da affrontare è proprio quello della regolazione della mtb. E’ un passaggio fondamentale per la propria sicurezza e una giusta posizione ci permette di muoverci più liberamente sulla nostra mtb senza ostacoli che potrebbero non solo causare problemi alle articolazioni, ma metterci in difficolta nei momenti impegnativi come le discese. Ci sono poche cose da controllare, ma molte volte vengono trascurate.
-Altezza della sella: a differenza della bici da corsa , sulla mtb non si assume una posizione statica, ma si ha la necessità di spostarsi continuamente e una sbagliata regolazione dell’altezza della sella può essere da ostacolo ed essere un pericolo
-Inclinazione della sella: per assumere una posizione rilassata comoda in modo da assorbire in maniera proporzionata tutte le asperità e le sollecitazioni del terreno lungo tutta la colonna vertebrale occorre mettere la sella perfettamente in bolla.
-Le mani sul manubrio: impugnando il lato più estremo del manubrio bisogna poter raggiungere le leve dei freni e del cambio senza dover spostare le mani per azionarle. Più il manubrio è stretto più si avvicina al punto di sterzo, più la guida dovrà risultare precisa, perché qualsiasi movimento, anche il più sensibile andrà ad incidere sullo sterzo. Più ci si allontana dal punto di sterzo, meno la guida diventa precisa e di conseguenza offre maggiore possibilità di correggere la traiettoria. Il manubrio perciò va utilizzato in tutta la sua larghezza.
-Le leve dei freni: per azionare le leve dei freni è consigliato l’uso di un solo dito, (questo per freni a disco ) basta una leggera pressione sulle leve per ottenere un’azione frenante. Questa azione permette di avere almeno tre dita sul manubrio, inoltre il pollice deve sempre avvolgere la manopola per evitare che un urto improvviso faccia scivolare le mani.
-Inclinazione dei comandi: le leve dei freni vanno regolate in modo che si formi sempre una linea retta tra le articolazioni del polso e l’avambraccio sia per una maggiore scioltezza del polso, sia per evitare inutili e dannosi carichi di lavoro sulle articolazioni.


LA REGOLA FONDAMENTALE
Una regola importantissima e fondamentale da ricordare e non dimenticare durante una discesa è quella di guardare sempre avanti . Il nostro sguardo la maggior parte delle volte è troppo vicino alla ruota, questo ti fa perdere le informazioni che vengono trasmesse dalla strada che devi ancora percorrere e ci costringe a prendere decisioni all’ultimo momento e in molti casi risultano sbagliate, naturalmente più aumenta la velocità più diminuisce il tempo di decisione quindi aumenta il margine d’errore. Allora cosa fare? Semplice (a parole!!) lo sguardo deve stare un paio di metri davanti a noi in modo che il nostro cervello possa immagazzinare tutte le informazioni necessarie (curve, massi sporgenti, radici e altro) trasmettendole al corpo che si muoverà di conseguenza avendo tutto il tempo per reagire.
LA POSIZIONE IN DISCESA
La bike è uno strumento che va usato con molta scioltezza e che, quindi ci deve permettere assoluta libertà di movimento. Quando si è su un falso piano o in velocità o c’è un minimo di discesa, la posizione cambia, non sarò più seduto, ma in piedi sui pedali. Le braccia e le ginocchia saranno leggermente flesse e i piedi paralleli. E’ praticamente impossibile affrontare una discesa ripida in fuori strada rimanendo seduti sulla sella, perché la caduta sarebbe pressoché inevitabile. La forte pendenza , fa aumentare l’incidenza del peso del corpo verso valle a causa della forza di gravità. Per compensare questo squilibrio è necessario portare il peso del corpo indietro. Più la discesa si farà ripida più verrà accentuata questa posizione sfiorando la sella con l’addome fino quasi a toccare con il sedere la ruota posteriore. Nonostante la posizione sia abbastanza scomoda, le braccia dovranno essere rilassate, le gambe leggermente flesse, morbide e mobili. In questo modo le articolazioni non subiranno traumi causati dai colpi causati dalle asperità del terreno e avremo sempre il controllo della nostra mountain bike.
IMPARIAMO A FRENARE
Frenare troppo è altrettanto pericoloso che non sapere guidare la bike o guardare nella direzione sbagliata. Purtroppo anche in questo caso, spesso, la paura prende il sopravvento e si pensa, erroneamente, che attaccandosi con tutta la nostra forza alle leve dei freni ci fermeremo e non cadremo. Niente di più sbagliato, anche i freni vanno usati con coscienza. Il freno più importante in discesa è sicuramente quello anteriore. Su discese molto ripide può incidere fino all’80% contro un 20% di quello posteriore. E’ il freno anteriore che permette di fermarsi, quello posteriore regola la frenata. Per ottenere il massimo controllo della frenata è dunque necessario saperla modulare. E come si fa? Avvicinando i pattini ai cerchi o le pastiglie freno ai dischi fino a sentire l’azione frenante e poi aumentare o diminuire la pressione delle dita con movimenti millimetrici. Tirando e rilasciando bruscamente le leve dei freni si perde il controllo dell’avantreno e si rischia di bloccare la ruota posteriore con spazi di frenata più lunghi. In curva bisogna frenare prima di essa per impostare la traiettoria e quindi uscire pronti per quella successiva o per l’ostacolo. Se si frena all’ultimo momento o nel bel mezzo della curva si rischia di perdere il controllo della bici e si esce più lenti con una traiettoria sbagliata e in ritardo rispetto al successivo ostacolo da superare.

martedì 25 gennaio 2011

PARCO AGRICOLO SUD MILANO


Parco Agricolo Sud Milano
Il Parco Agricolo Sud Milano si estende a semicerchio lungo tutta la fascia meridionale della provincia di Milano. La sua più grande peculiarità è la ricchezza d´acqua. E´ attraversato dall´Adda e dai due fiumi milanesi Olona e Lambro, oltre a fiumi e corsi d´acqua storici Vettabia, Ticinello, Addetta, Muzza; infine dai navigli Grande e Pavese. Questo esteso patrimonio di acqua viene utilizzato per l´irrigazione su tutto il territorio attraverso una rete di cavi e rogge.

L´intera area del Parco, inoltre, corrisponde con la fascia delle sorgenti e dei fontanili ancora attivi (sorgenti naturali che l´uomo ha adattato per l´irrigazione delle campagne), zone per le quali sono state istituite aree protette, (leSorgenti della Muzzetta di Rodano e Settala, ilFontanile nuovo di Bareggio) risorse idriche preziose per l´agricoltura e che determinano interessanti ecosistemi. Fin dall´Ottocento schiere di agronomi stranieri si recavano qui per studiare ed esportare le avanzatissime tecniche agrarie della zona. Fra queste la più tipica e singolare è la marcita, ovvero la consuetudine di fare scorrere di rontinuo sui prati un velo di acqua a temperatura costante. In questo modo è possibile la crescita dell´erba da destinare a foraggio, anche nei mesi invernali arrivanto nel corso dell´anno fino a sei, sette tagli. Si tratta di un patrimonio di sapienza agricola che il parco vuole mantenere e valorizzare anche attraverso l´incentivazione delle coltivazioni biologiche e la ricomposizione del classico paesaggio padano di pianura.
Il parto Sud Milano, è definito parco agricolo proprio in quanto, all´atto della sua costituzione, è stato riservato un posto di primo piano alla salvaguardia ed al sostegno delle attività agricole che, con la loro presenza, contribuiscono alla conservazione di molta parte di suolo libero, sottratto alla cementificazione.
Nel Parco ci sono 1.400 aziende agricole. L´attività principale è l´allevamento di bovini e suini con 305 allevamenti. La coltura più diffusa e è quella dei cereali (43%), seguono il riso (22%) ed il prato (16%). Sono presenti inoltre colture di girasole e soia, orti e vivai.

La superficie coltivata è la più estesa, ma l´ambiente naturale è connotato dalla presenza di aree boscate (Cusago, Riazzolo, Corbetta, Carengione) parchi (dell´Addetta, dell´Idroscalo, di Trenno, di Trenzanesio il Fontanile Laghetto o parco Arcadia) ed oasi naturalistiche (Lacchiarella).

Dal punto di vista della presenza storica, tutta la zona è ricca di testimonianze d´arte: luoghi archeologici (come la necropoli della Scanna, con l´annessa cascina che probabilmente celano resti archeologici risalenti alletà romana e longobarda; luoghi di culto (tra cui emergono leabbazie di Chiaravalle, Mirasole e Viboldone); palazzi e castelli (i castelli viscontei di Binasco, Cusago e Melegnano Cassino Scanasio (XIV sec.), Locate e Peschiera (XV), Buccinasco e Macconago (XVI), Rocca Brivio (XVII))

Ma le opere di antropizzazione più tipiche dell´area sono quelle legate all´agricoltura come i complessi agricoli fortificati, e i nuclei rurali di cascina, le tipiche cascine a corte del milanese. Le cascine sono state, a partire dal Cinquecento sino ai primi anni Cinquanta del Novecento, i luoghi della produzione agricola e i luoghi di abitazione dei conduttori dell´azienda e diecine di famiglie che comprendono i salariati fissi ed i lavoranti avventizi. Sin dall´origine è stata il mondo chiuso dell´auto-sopravvivenza e, al suo interno, ci sono le stalle, i magazzini, i depositi per le macchine da lavoro; vi trovano posto i locali per il fabbro, il maniscalco, il falegname, il mulino ed i fienili. Nella cascina si producono gli abiti per tutti, i prodotti caseari ed il pane. Vi sono gli orti sia per il padrone che per i salariati ed il frutteto. Può essere divisa in più corti e, al centro della corte grande, vi è l´aia.