sabato 9 luglio 2011

MESSA IN SICUREZZA DELLE ALZAIE DEL NAVIGLIO GRANDE

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Messa in sicurezza delle Alzaie



Scalette e salvagenti per rendere sicure le alzaie del Naviglio Grande

Novanta presidi di sicurezza, ossia postazioni di salvataggio composte di scalette e salvagenti, a garanzia della percorribilità delle alzaie del Naviglio Grande. La proposta di progetto realizzato dall’architetto Ermanno Ranzani per conto del Consorzio Parco della Valle del Ticino, definisce le postazioni di salvataggio e le loro collocazioni per la parte di Naviglio Grande che va dal comune di Turbigo al comune di Abbiategrasso. Per questa tratta le alzaie sono in concessione per alcune parti al Parco del Ticino e per altre parti ai singoli comuni.

Le opere proposte si inquadrano in una serie di opere che tutte assieme dovranno garantire, nel tempo, la fruibilità più ampia degli itinerari pedonali e ciclabili del Naviglio Grande. La cadenza dei presidi sarà valutata in relazione ai contesti, alle diverse caratteristiche ambientali del luogo e ai diversi gradi di pericolosità riscontrabili. In linea puramente indicativa sarà realizzato un presidio ogni 200 metri collocati in corrispondenza delle alzaie.



La strada alzaia del Naviglio Grande, appartenente al demanio regionale, è gestita dal Parco del Ticino in virtù di concessione che la destina ad un uso esclusivamente di servizio; la Regione Lombardia stessa ne riconosce nell’atto di concessione la mancanza dei requisiti di sicurezza, e pertanto l’alzaia non può essere utilizzata né come pista pedonale né tantomeno ciclabile. La convenzione siglata lo scorso marzo tra Regione Lombardia e Parco del Ticino prevede “l’impegno di Regione e Parco Ticino a ripristinare l’uso ciclabile e/o pedonale della Strada alzaia dopo la realizzazione delle opere necessarie per la sia messa in sicurezza, previo reperimento delle risorse finanziarie necessarie”.

Il progetto e le tipologie di sponde



Il progetto prevede la messa in opera di 90 postazioni di sicurezza lungo le sponde del Naviglio Grande da Abbiategrasso a Turbigo, escluso il tratto Pontevecchio – Pontenuovo in Comune di Magenta, in quanto interessato da analogo intervento già in fase di realizzazione a cura del Comune, in modo di consentire un uso pedonale sicuro della strada Alzaia, principalmente a scopo turistico- ricreativo.

La postazione di sicurezza è composta da:

- una scaletta in tubolare, di acciaio successivamente verniciato, ancorata sulla sponda in modo da consentire, nel caso di caduta accidentale in acqua, l’accesso alla riva;

- un pannello di acciaio successivamente verniciato, posto sulla sponda in coincidenza con la scaletta in modo da rendere visibile il punto di salvataggio anche dall’acqua. Il pannello ha anche la funzione di sostegno di un salvagente e sagola da 30 metri, con caratteristiche definite per tale uso, da utilizzare in caso di necessità direttamente dalla sponda .

La scaletta verrà posizionata con ancoraggi idonei in modo da assicurare un carico di 300 kg oltre la componente data dalla velocità della corrente, senza modificare in alcun modo i muri spondali in quanto gli stessi verranno unicamente coinvolti con la piastra di ancoraggio prevista al piede della scaletta.

La postazione verrà predisposta con la scaletta, il pannello, il salvagente e la sagola di colore rosso.

Nella scelta dei colori si è tenuto conto di due esigenze principali:

- garantire il miglior inserimento ambientale e paesaggistico delle nuove strutture;

- garantire la visibilità delle stesse.

La storia

Negli ultimi 10 anni l’uso del Naviglio Grande si è fortemente modificato andando sempre di più verso una maggiore presenza di utenti che a vario titolo fruiscono di questo ambiente in più modi. Migliaia di persone passeggiano a piedi, percorrono in bicicletta le alzaie, nuotano o navigano sul naviglio e questi fatti che pur sempre erano esistiti oggi si manifestano in maniera crescente e preponderante segnando anche in questo caso quella diversa concezione degli usi e degli ambienti tipici della Contemporaneità. Partendo da questa considerazione diventa indispensabile ragionare su questi nuovi usi e assecondarli dando nuove garanzie di sicurezza. La proposta dei presidi rappresenta perciò il primo, di una serie di elementi che si costRUIRANNO nell’affrontare la sicurezza di questo ambiente. E’ perciò evidente che la sicurezza nel suo complesso si otterrà con la sommatoria di più azioni congiunte (presidi più parapetti più spostamenti del tracciato dell’alzaia, etc).

Il Parco del Ticino iniziò ad interessarsi attivamente di “piste ciclabili” 23 anni fa, periodo in cui iniziò la campagna, allora definita “Isola Ticino”, con la quale fu finalmente applicato il dettato del Piano Territoriale di Coordinamento che prevedeva il divieto d’accesso alle auto nelle zone di Riserva Naturale e sul greto del fiume.

Prima di allora, infatti, i boschi e le spiagge del Ticino erano invasi dalle automobili che venivano parcheggiate sin sul greto del fiume.

Già da allora era chiaro agli amministratori del Parco che una situazione del genere non poteva certamente essere ritenuta confacente ad un’area protetta, né dal punto di vista ambientale (danni alla vegetazione,rumori, rifiuti abbandonati, inquinamento dell’aria) né dal punto di vista fruitivo, dato che si trattava di luoghi (lanche, boschi, prati, sentieri, ecc.) per definizione incompatibili con la presenza di mezzi motorizzati.

L’Isola Ticino fu un’operazione lunga e complessa che richiese molta pazienza e tenacia, soprattutto perché, per ottenere qualche risultato, si rendeva necessaria la collaborazione delle amministrazioni locali per il reperimento di idonee aree a parcheggio, per lo più esterne alle riserve naturali e un’azione di convincimento degli utenti del Ticino ad accettare l’iniziativa.

Sarebbe in ogni modo stato un grave errore di valutazione pensare di allontanare le auto dalle zone più importanti naturalisticamente, senza impostare una politica complessiva e propositiva riguardo all’organizzazione del tempo libero nel Parco del Ticino, territorio che complessivamente coinvolge un bacino di utenza molto vasto, dell’ordine di alcuni milioni di abitanti.

La realizzazione di un sistema di piste ciclabili, lungo i canali o lungo il fiume, che andasse da nord a sud, dal lago Maggiore al Po, sembrò una delle soluzioni ideali da vari punti di vista. Innanzi tutto perché lungo l’80% circa del percorso era già esistente una viabilità secondaria (alzaie e strade consortili), anche se necessitava di opere di regolamentazione ed adeguamento; in secondo luogo perché le strade erano in buona parte di proprietà di enti pubblici (Regione Lombardia, Consorzio Bonifica Villoresi, Enel) e quindi un accordo sulla gestione ciclabile dei percorsi non avrebbe comportato le difficoltà che possono sorgere con le proprietà private; in terzo luogo perché i percorsi si trovavano in una posizione geografica, ambientale e paesaggistica ideale: appena fuori dalle Riserve Naturali e quindi da ambienti fragili e non adatti a forti frequentazioni, ma in ogni caso all’interno di un ambiente ed un paesaggio interessantissimi che nei secoli si erano arricchiti di elementi architettonici di grande fascino e di valore storico. Alle intenzioni seguirono i fatti, e già nel 1992 il Parco, attraverso una convenzione con la Regione Lombardia (poi rinnovata nel 2001 e, in ultimo, nel marzo del 2010), realizzò il primo tratto di pista ciclabile lungo il Naviglio Grande, da Turbigo ad Abbiategrasso, e successivamente, dopo un accordo con il Consorzio Villoresi, lungo un tratto del Naviglio di Bereguardo, da Abbiategrasso sino a Motta Visconti.

Da subito, ci si pose il problema della sicurezza di percorsi che utilizzavano strade alzaie di un canale navigabile ancora attivo e pertanto, a differenza di altri non più classificati navigabili, come il Naviglio Martesana o il Canale Villoresi, non recintabile. Infatti, l’attiraglio delle barche, anche se nel 1992 oramai ne passavano pochissime, necessitava che le corde di trazione non incontrassero ostacoli lungo la sponda; solo in prossimità dei ponti, laddove lo sgancio e riaggancio delle barche costringevano comunque gli operatori alla manovra, era possibile proteggere brevi tratti del canale con modalità tali che la corda di traino della barca potesse scivolare sopra la difesa .

Per affrontare tale problematica, il Parco optò per un regolamento d’uso da rendere noto all’inizio delle piste e quindi ad una segnaletica orizzontale e verticale tali da mettere sul “chi va là” gli utilizzatori dei percorsi.

Poche regole e chiare: non superare i 20 chilometri all’ora, tenere la destra, non utilizzare le piste per usi impropri (cavalli, ad esempio) e soprattutto, in analogia con quanto avviene nelle stazioni ferroviarie e nelle metropolitane, non oltrepassare una linea gialla di sicurezza che delimitava il percorso ciclabile dalla fascia più prossima al canale e più esposta all’acqua.



I costi

Il costo complessivo dei lavori è di 232.021,80 euro. Le postazioni previste sono 90 (per un costo singolo di circa 2.600 euro), di cui 16 sono di competenza comunale: 5 a Cassinetta di Lugagnano, 4 a Robecco sul Naviglio, 2 a Boffalora Ticino, 1 a Bernate Ticino, 2 a Robecchetto con Induno, 2 a Turbigo

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