giovedì 7 ottobre 2010

STORIA DELLA MOUNTAIN BIKE




La bicicletta da montagna nasce in California negli Stati Uniti verso la fine degli anni sessanta. All’inizio le mountain bike non erano altro che robuste biciclette modificate in modo da poter sopportare le sollecitazioni di escursioni fuoristrada, ed erano probabilmente utilizzate da gruppi hippies in cerca di spazi incontaminati. Il primo serio sviluppo alle MTB fu dato da Gary Fisher, Tom Ritchey e Joe Breeze che modificarono la geometria del telaio, lo resero più leggero ed introdussero un cambio di velocità specifico. Il fenomeno mountain bike dilagò in tutti gli Stati Uniti e più tardi, negli anni ottanta in Europa. In Italia, quando molti snobbavano le MTB, la ditta Cinelli, con buona intuizione, lanciò sul mercato il modello Rampichino. Da allora (1985) fino alla fine del secolo le vendite di MTB si incrementarono al punto da superare la quota di due terzi del mercato. La cultura della mountain bike e dei suoi appassionati si è sviluppata intorno a valori come l’amore per la natura e gli ambienti incontaminati, ma anche le forti emozioni. Oggi le mountain bike vengono costruite in numerosissime versioni e sono diffusissime anche in città. Sono assai diverse dai primi modelli e hanno ora anche forcelle (o l’intera struttura) ammortizzate e freni a disco.
TIPI DI MOUNTAIN BIKE:
Le MTB si possono classificare in base al telaio e alle sospensioni:
front suspended o hardtail (ovvero con forcella ammortizzata anteriore)
full suspended o biammortizzate (con forcella ammortizzata anteriore e sistema ammortizzante posteriore integrato nel telaio)
rigide (senza sospensioni)
MTB DA CROSS COUNTRY E DA MARATHON:
È una MTB progettata per gare di cross country o per piacevoli escursioni non troppo lunghe, telaio front suspended (o addirittura rigido per una maggiore reattività, in questo caso sono necessarie buone doti soprattutto nei tratti particolarmente tecnici che contraddistinguono questa disciplina). Il telaio in genere è in alluminio e/o carbonio (più raramente acciaio o titanio), freni di tipo v-brake o a disco (sia in acciaio che in alluminio: questi ultimi sono più leggeri e delicati) con dimensioni dei rotori intorno ai 160 millimetri di diametro, forcella con 80-100 millimetri di escursione e ha un peso molto contenuto (dai 9 ai 12 chili). Negli ultimi anni sono in via di diffusione telai full-suspended anche per le competizioni di cross country e marathon (si tratta di tipologie di gare differenti tra di loro, il cross country è molto più tecnico, mentre le marathon si sviluppano su lunghezze non inferiori ai 60 chilometri), caratterizzati da escursioni posteriori limitate (75-100 millimetri) e un peso comunque contenuto (sugli 11-12 chili) e da schemi di sospensioni volti a limitare al massimo il movimento dell’ammortizzatore in fase di pedalata.
Per questa categoria di MTB si è sviluppato il settore del TUNING : sostituzione di parti alleggerite o modifica delle originali in modo da risparmiare peso. Partendo da una bici di serie si riesce a scendere di oltre 1,5 kg con interventi mirati al “dimagrimento”.Nei modelli che si pedaleranno nel 2008 una front suspended potrà essere da 8 kg e una full suspended poco superiore ai 9 kg , con un esborso di oltre 5000 euro per avere tali modelli.La “bibbia” italiana del settore viene scritta e continuamente “alleggerita” da Marco Monticone e i suoi collaboratori su www.light-bikes.it
MTB DA FREERIDE :
Sono MTB che puntano tutto sulla guidabilità e sulla robustezza. In genere i telai sono full suspended con escursioni di forcella e sospensione molto ampie (oltre i 170 mm) e con freni a disco di dimensioni maggiorate (anche sopra i 200 mm).Il termine MTB da freeride è molto generico. Esistono mtb da freeride, freeride leggero, freeride pesante, freeride estremo, che differiscono tra loro per la robustezza, capacità di andare in salita, peso (da 14 a oltre 20 kg per i modelli da freeride estremo)Il mountain bike freeride spesso prevede la risalita con mezzi motorizzati o con impianti di risalita. Nel caso si pedali per arrivare all’inizio del trail si parla di freeride pedalato.C’è da fare una distinzione fra il freerider, che può essere uno che pratica l’enduro, l’all mountain o il freeride con mezzi di risalita, e il freeride come categoria di bici.
MTB DA DOWNHILL:
Tipo di mountain bike utilizzata nelle competizioni di downhill, gare ciclistiche svolte esclusivamente su tracciati in discesa. Al contrario di quanto si pensa, anche in queste biciclette si tende a ridurre il peso montando componenti più leggeri rispetto a quelli da freeride, per incrementare le prestazioni in gara. I pesi oscillano dai 16 ai 25kg. Queste biciclette sono molto resistenti perché devono resistere alle fortissime sollecitazioni dei salti e degli oggetti che si possono trovare durante il tracciato. È consigliabile prima di cimentarsi in questo sport di imparare prima a utilizzare la bici in discese facili a man mano aumentare di difficoltà dato che questo sport ha bisogno di molta tecnica e allo stesso tempo un buona preparazione atletica. I telai sono full suspended con escursioni di forcella e sospensione molto ampie (oltre i 200 mm) e con freni a disco di dimensioni maggiorate (anche sopra i 200 mm).

domenica 19 settembre 2010

VIAGGIO IN RUSSIA IN MOUNTAIN BIKE


RITORNO SULLA VIA DELLA VITA
di Maurizio Gedda

Fu aperta dai russi per sopravvivere durante il tragico assedio che le truppe naziste strinsero intorno alla città di Leningrado per 28, lunghi, eterni, mesi provocando 630.000 vittime. Grazie a questa ‘strada’ tracciata sulla superficie del Ladoga solidificata dal gelo gli abitanti della città assediata riuscivano a rifornirsi, alcuni a fuggire, a manternersi aperta una via verso la speranza di sopravvivere. Con quest’impresa in solitaria voglio rendere un mio piccolo, personale omaggio alla memoria di donne e uomini eccezionali che con grande coraggio seppero resistere al martellare dell’artiglieria tedesca.

Diario di viaggio.....

.......Stipati come sardine all’interno di un fuoristrada Uaz, cinque persone piú il materiale, domenica 15 febbraio partiamo da San Pietroburgo per raggiungere Vlidiza, punto di partenza per l’attraversamento del grande lago ghiacciato Ladoga la cui superficie è circa trenta volte quella del lago Maggiore. È da tempo che penso a quest’impresa e l’ho progettata in ogni dettaglio anche se poi, nel compierla, mi dovrò rendere conto che la realtà quotidiana russa sfugge veramente a ogni previsione. Viaggiando verso Vlidiza mi accorgo che ai bordi delle strade ci sono numerose persone, soprattutto donne, che vendono prodotti agli automobilisti: chiedo all’autista di accostare vicino a una di queste donne e cosí scopro che vendono carta igienica. Nella zona ci sono fabbriche di carta igienica che pagano lo stipendio ai dipendenti in rubli e in prodotti che vengono rivenduti per recuperare qualche soldo. È il primo segnale, credo, della realtà che andrò a conoscere: una realtà dura nella quale vivere è davvero difficile. Qui la gente è davvero corazzata per resistere sia alla natura sia a un’organizzazione socio-economica al limite della sopravvivenza. La sopravvivenza è una costante connaturata in queste persone che sono comunque splendide: del resto, è per ripercorrere una pagina della loro storia (divenuta leggendaria e simbolica) che sono qui. La mia impresa consiste nel ripercorrere in solitaria, in mountain bike, la ‘via della vita’ sino alla città di Kobona. La ‘via della vita’ venne costruita dai russi per sopravvivere durante il tragico assedio che le truppe naziste strinsero intorno alla città di Leningrado (denominazione che prese San Pietroburgo dal 1924 al ’91) per 28, lunghi, eterni, mesi dal luglio del 1941 provocando 630.000 vittime. Attraverso questa ‘via della vita’ tracciata sul lago ghiacciato gli abitanti della città assediata riuscivano a rifornirsi, alcuni a fuggire, a manternersi aperta una via verso la speranza di sopravvivere. Con quest’impresa in solitaria voglio rendere un mio piccolo, personale omaggio alla memoria di questi uomini eccezionali che con grande coraggio hanno saputo resistere al martellare dell’artiglieria tedesca. Sono trascorsi cinquantacinque anni da quella follia ma mi sembra che intorno a me palpiti ancora lo spirito indomito di quella gente straordinaria. Mentre mi avvicino a Vlidiza sono ancora convinto, sulla base della documentazione raccolta in Occidente, che la ‘via della vita’ attraversi l’intero lago Ladoga mentre, in realtà, il percorso storico parte da Kobona e, oltre il golfo di Busta Petrocrepost, arriva a Kokorievo da dove i russi, su ferrovia, giungevano a Leningrado (San Pietroburgo) e viceversa. In tutto 40 chilometri: io ne percorrerò invece circa 350.
Domenica 15 febbraio alle ore 9 parto dall’albergo di Vlidiza e, con un autobus ormai rodotto a rottame, raggiungo il mio punto di partenza sul lago. La temperatura è -29 gradi e una fitta nevicata rende problematica la partenza in MTB: mi porto comunque al largo dove riesco a procedere a una velocità di 4-5 chilometri orari. La bici si comporta molto bene, cosí come il carretto al traino. Sudo moltissimo: nonostante la bassa temperatura e il freddo pungente. Alle 17.15 raggiungo la riva del lago e monto la tenda: il sudore si raggela ma una volta infilato nel sacco mi sento benissimo. Penso di aver percorso circa 35 km.
Lunedí 16 febbraio. Alle 8 riparto e mi porto al largo dove circa un’ora e mezzo dopo vengo raggiunto dall’assistenza logistica che si muove su motoslitte tenute insieme dal fil di ferro. Sono Stefano Ferrero (il fotografo), Stefano Colombo di Milano e il russo Ghennadi Pilev che si occupano della logistica: battono la pista e rientrano al campo base. Alle 16.30 ci sono segnali inequivocabili dell’arrivo di una bufera: sono a pochi chilometri dall’isola dove ho deciso di pernottare. Vedo il bagliore di un fuoco in lontananza, sulla riva del lago: È il gruppo dell’assistenza che mi segnala la sua presenza ma il fuoco non è sulla mia verticale e non riesco a focalizzare il segnale. Arrivo sull’isola: il vento è fortissimo, la temperatura -40 gradi. Scavo una buca nella neve, dietro a un abete, e mi ficco dentro avvolto nel telo alluminizzato con un equipaggiamento survival. La notte trascorre in mezzo agli incubi.
Martedí 17: alzarsi e uscire dalla buca è tremendo, sono tutto indolenzito, ho i crampi alla gamba sinistra per la disidratazione. Poiché la bufera è passata, decido di montare il campo ma ho una sorpresa: appena fuori l’isola c’è un minuscolo rifugio di emergenza, con tanto di stufa, che diventa la mia casa per recuperare le forze. Decido infatti di stare fermo tutto il giorno per riposarmi dopo la notte insonne. Poco dopo arriva Stefano Ferrero sulla motoslitta: si accerta delle mie condizioni e riparte. Mercoledí 18: la bufera ha spazzato la neve dal ghiaccio e ora il lago è uno specchio sul quale pedalo deciso: in quattro ore macino 35 chilometri. Arrivo a Gumbarum, base di pescatori che si trova all’inizio del parco Ladoga che ho previsto di attraversare per arrivare a Kobona con la scorta del guardaparco. In realtà, una pattuglia di poliziotti mi impedisce di andare avanti: chiedo di parlare con l’ispettore ma mi viene detto che non può raggiungerci dal villaggio perché non c’è benzina per l’auto. Mi arrabbio moltissimo ma mi arrendo. Per andare a Kobona, da dove ha inizio la ‘via della vita’, devo viaggiare sulla superficie di un canale ghiacciato che pochi giorni prima si è aperta inghiottendo un’auto di pescatori. Passo pedalando davanti alle povere case dei pescatori nei pressi dei canali: molti mi invitano a fermarmi e a entrare. Ringrazio e proseguo sinché, stanco, accolgo l’invito di una signora; nella piccola casa vive anche l’anziana madre: mi racconta che i suoi figli lavorano a San Pietroburgo e che suo marito è morto. Mi offre zuppa di cavoli, burro, pane e tè caldo: io mangio mentre mi guarda in silenzio. Parlando, scopro che quello era il suo pasto quotidiano: mi commuovo e le offro alcuni rubli, lei mi benedice. Riprendo a pedalare e penso a quanti nostri alpini, male equipaggiati e male armati, si sono salvati dall’inferno bianco grazie alla solidarietà di questa gente semplice e generosa. Arrivo a Nuova Ladoga.
Giovedí 19: temperatura -27 gradi. Il lago è sempre uno specchio di ghiaccio sul quale pedalo molto velocemente. Poco dopo le cinque mi fermo sulla riva dove monto la tenda e trascorro la notte.
Venerdí 20: Riprendo il cammino sul lago, che è sempre sgombro dalla neve, e in otto ore raggiungo Kobona dove monto il campo nei pressi del villaggio dei pescatori.
Sabato 21: parto da Kobona per Kokorevop, ultima tappa per l’attraversamento del lago. La temperatura è -21: continuo a sudare copiosamente. Per fortuna indosso abiti caldi e protettivi ma traspiranti quanto basta. Ho sete, sono dimagrito, ho perso l’appetito: non ne posso piú di liofilizzati, anche se in queste condizioni non c’è alternativa a questo cibo energetico al massimo e di peso e ingombro minimi. In questa parte del lago incrocio pescatori che viaggiano sul ghiaccio con le loro scassatissime auto Zigulí, tutte rattoppate perché non ci sono pezzi di ricambio e anche la benzina è un bene preziosissimo. Alcuni pescatori si muovono con il buran, una sorta di motoslitta costruita in stile carro armato, oppure con vecchie motociclette che scivolano su camere d’aria gonfiate a dismisura. Mi raccontano che una settimana prima del mio arrivo, nella zona di Yephoe, si è staccata un’enorme banchisa di ghiaccio, almeno 12 chilometri per 2, che ha trascinato via dieci pescatori raggiunti poi a fatica dai soccorsi. Un pescatore è purtroppo morto per ipotermia. La pesca qui è tutto: si gettano le reti per catturare lucci, carpe e altri pesci d’acqua dolce che costituiscono la gran parte del vitto delle famiglie che abitano nella regione. In un mercato ‘spontaneo’, le donne lungo le strade vendono pesce ai rari automobilisti di passaggio. A proposito di automobili: lungo i canali vengo sorpassato dai mezzi dei pescatori lanciati a tutta velocità, spesso senza freni, e questo per me rappresenta un pericolo perché devo stare attento a non essere investito. È una situazione ben strana: al ghiaccio che si muove (e sento gli echi dei forti rombi provocati dallo spezzarsi della banchisa) avevo pensato cosí come al gran freddo, ma davvero non avevo immaginato di dover anche temere le auto che sfrecciano senza regole sul lago. Arrivo a Kokorevo verso le 17: ultimo campo e, per fortuna, ultimi liofilizzati. La traversata del lago è finita.
Lascio Kokorevo domenica 22 febbraio per raggiungere in MTB la città di San Pietroburgo. Sono 40 chilometri e pedalare con le ruote chiodate su un terreno non ghiacciato è davvero un tormento, ma sono felice. Ho coronato un sogno: penso a casa e sono contento. Dedico questa mia avventura a Stefano Ferrero e Stefano Colombo e all’amico Mario Anemone con il quale ho percorso la “via del sale” sulle nostre Alpi. Eppure mi rendo conto che quanto ho vissuto in questi giorni mi è entrato dentro, è un fatto intimo. Le emozioni avute sono solo mie e non è davvero facile condividerle.

Tecnologia...

Per quest’impresa è stata utilizzata una bicicletta MTB Dual Power dell’azienda austriaca Progear Europa con cambio Shimano XTR, telaio in alluminio e due ruote motrici, con il movimento della ruota posteriore trasportato a quello della ruota anteriore attraverso una cinghia di tipo automobilistico, comandata da una frizione posta sul manubrio. Peso totale della bicicletta: 13 chili. Per il trasporto del materiale è stato utilizzato un carrettino in alluminio mod. Yak, fornito dalla Race Ware di Finale Ligure e dotato di uno sci apposito fornito dalla ditta Comelli srl. Il tutto per un peso di 30 chili, attrezzatura e materiale compresi. La tenda utilizzata è una Blizzard della Ferrino ditta che ha fornito anche i materiali tecnici (sacco a pelo, fornello, thermos) che ho sottoposto a vari test di usura. L’abbigliamento tecnico in Gore-tex, windstopper, pile e piumino è stato fornito dalla No Limits® Wear. Berretti e occhiali sono stati forniti dalla Matrix di Torino. Gli alimenti liofilizzati Lyofal sono stati forniti dalla Import Ex Port di Milano mentre gli integratori erano della ditta Officina Alimentare. All’impresa hanno collaborato le ditte DueA ed Elettroveneta di Padova. Ringrazio inoltre il signor Accardo della ditta Gore, la Cicli Mattio di Piasco (Cn) e la palestra Duke di Savigliano (Cn).

...e fisiologia di una pedalata



Il rischio di ipotermia e di congelamento è sempre stato presente e reale soprattutto per gli improvvisi sbalzi di temperatura: da -30 allo zero termico nel giro di poche ore per arrivare ai -40 notturni. Questo provoca delle conseguenze sulla compattezza della superficie ghiacciata (il cui spessore variava sul percorso effettuato dai 5 ai 35 cm), resa spesso impraticabile dalla neve molto farinosa che ha impedito la marcia in MTB, per cui per molti tratti ho dovuto spingere la bicicletta a mano.

Biografia del pedalatore

Maurizio Gedda, nato a Saluzzo nel ’56, è un atleta ben preparato: istruttore della Scuola Italiana di Mountain Bike, Istruttore della Federazione Italiana Survival Sportivo e Sperimentale, accompagnatore di escursioni con racchette da neve, ideatore e protagonista di varie imprese, come l’attraversamento del deserto lavico e del ghiacciaio Vatnajokull in Islanda. Venezuela, tre mesi di naufragio “volontario” nella foresta amazzonica. In collaborazione con No Limits® world è stato l’artefice degli interattivi “Ice ’95” “Snowshoeing ’96” e “TDR ’96” attuato nel 1997, causa rinvio per maltempo. Sportivo multidisciplinare: sci di fondo, paracadutismo, alpinismo, survival, snowshoeing e naturalmente mountain bike. Docente di topografia e tecniche pionieristiche presso la scuola alpina di Mauro Ferraris di Torino. Ideatore e realizzatore, insieme all’amico Mario Anemone, della Via del Sale in mountain bike, per la prima volta dal mar Ligure (Dolceacqua) alla Svizzera (Ginevra) lungo l’arco alpino occidentale. L’impresa di Gedda rientra nei programmi del gruppo Sector No Limits® Team, team del quale è entrato a far parte.

sabato 18 settembre 2010

IN BICI IN NUOVA ZELANDA


In bici in Nuova Zelanda
Niente tour operator, ma piccole agenzie locali in armonia con cultura e territorio.
Agriturismo e sistemazioni rurali selezionate in tutta Italia, ai prezzi migliori.
Riad e sistemazioni tradizionali in Marocco, di tutti i tipi, per tutte le tasche.
Agriturismo e sistemazioni rurali in Francia, dal Mediterraneo alla Bretagna.

Autore:
Maurizio Gavarini
Introduzione

Quando abbiamo manifestato ai nostri amici l'intenzione di fare un viaggio in bicicletta in Nuova Zelanda, i più ci guardavano come dei marziani;il commento più ricorrente era del tipo: perché fin là in fondo dall'altra parte del mondo? Cosa vi spinge a raggiungere quella terra agli antipodi ed a percorrere le sue strade con un mezzo così impegnativo per quei luoghi?
Le risposte che davamo erano molteplici e variegate, dettate comunque da un comune denominatore: scoprire quella terra così lontana e misteriosa con un mezzo che ci metta completamente in sintonia con un ambiente ancora intatto e selvaggio qual è quello della Nuova Zelanda.
Le nostre aspettative sono state completamente soddisfatte, sin dal nostro primo contatto con la terra dei kiwi.
Sì la terra dei kiwi perché è così che si chiamano, confidenzialmente, gli abitanti della Nuova Zelanda; è così che si chiama(per il suo verso) l'uccello notturno più curioso al mondo grande poco più di una gallina;ed è così che si chiama il frutto che qui cresce in abbondanza ed è una grande fonte di reddito per i neozelandesi con le pecore, il pesce e il legname.
Il primo contatto con il kiwi-uomo è avvenuto all'aeroporto di Christchurch, la terza città della N.Z.; un poliziotto della frontiera che ha sbrigato le severe formalità di dogana portava un bracciale nero in segno di lutto per il mancato passaggio alla finale dei campionati del mondo di rugby in corso di svolgimento in Gran Bretagna alla fine di ottobre da parte degli "All " (così vengono chiamati gli All Blacks la famosa nazionale neozelandese di rugby).
Sì gli "All" in N.Z. sono una fede, non c'è casa o pub che non abbia la televisione sintonizzata ad ogni ora del giorno sul canale che trasmette le notizie su questi famosi giocatori di rugby.
Il poliziotto comunque, da buon sportivo, viste le nostre biciclette dopo una rapida controllata alle ruote al fine di non introdurre terra e di conseguenza potenziali germi in terra neozelandese, ci ha congedati con grande cordialità augurandoci buon viaggio.
Il viaggio con la bici in Nuova Zelanda ci ha dato l'occasione di cimentarci per la prima volta con una impresa inconsueta:trovarsi impegnati in situazioni inconsuete ed impensabili, superare i propri limiti e scoprire l'animo selvatico e lo spirito pionieristico che è in noi.
Valli alpine, laghi, giungla e fiordi catturano l'attenzione di qualsiasi viaggiatore;i golfi, le spiagge, i vulcani attivi e i geyser dell'Isola del Nord conducono la nostra mente ad immaginare le sensazione che hanno provato i primi Maori quando giunsero in questa terra dalle lontane isole polinesiane nell'immensità dell'Oceano Pacifico.
Quanta luce c'è ad Aotearoa "l'isola della lunga nuvola bianca", nome con cui i Maori descrivevano questa terra lontana dove il giorno inizia prima che in qualsiasi altro posto.
La leggenda narra che un pescatore polinesiano di nome Kupe, proveniente da Hawaiki, scoprì lo stretto che separa le due isole della Nuova Zelanda mentre inseguiva una piovra gigante.
Tornato in patria, decantò la bellezza di quella terra provocando una migrazione di massa.
Secondo la storia, invece, attorno al 900 d.c. popolazioni Maori provenienti dalla Polinesia orientale sbarcarono sulle coste dell'Isola del Nord: si trattava probabilmente di genti che abitavano gli arcipelaghi corallini di Tonga e Samoa.
Il fascino della Nuova Zelanda è tutto da ricercarsi nel suo ambiente, un viaggio di una grande intensità fisica e interiore, accompagnato da dominanti cromatiche di tutte le tonalità del verde e del blu, colori che rendono questa terra un posto speciale per la vita dell'uomo.
La Nuova Zelanda è oggi una nazione all'avanguardia nella gestione del territorio, ma la scelta ambientalista è avvenuta dopo una radicale trasformazione biogeografia che nell'Ottocento ne ha completamente alterato l'ecosistema.
Oggi la Nuova Zelanda è uno dei paesi con la più alta sensibilità e attenzione verso l'ecologica: la prima legge per la protezione della fauna è del 1882, e dal 1953 l'intera fauna autoctona è protetta.





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Il popolo neozelandese non solo rispetta l'ambiente, ma pratica il trekking, il birdwatching, visita i parchi e ama tutti gli sport estremi come il rafting e il salto con l'elastico dai posti più impensati; ma i kiwi sono anche dei grandi viaggiatori infatti li si può incontrare in qualsiasi parte del mondo.
La nostra esperienza ci ha fatto conoscere delle persone veramente disponibili, aperte, cordiali e ben disposte al dialogo e interessate a conoscere gli usi e costumi del loro interlocutore.
A proposito di questo, ecco un aneddoto capitatoci: arrivati in un paesino disperso tra le montagne del Wanganui National Park, dopo una giornata di bici costantemente sotto la pioggia, fradici, infreddoliti e affamati non trovando alcun posto per passare la notte, una famiglia maori (papa mamma e due bambini), affacciatisi dalla finestra della loro casa vistoci in quelle condizioni, ci ha messo a disposizione un'aula della scuola del paese e rifocillati con della carne di pecora con patate.Il capo famiglia (l'insegnante della scuola) è un uomo enorme ma dolce, con il suo fare curioso ci ha intrattenuto fino a notte tarda con domande che riguardavano la nostra provenienza, il motivo del nostro viaggio, il nostro itinerario e quanto altro.
La considerazione che mi è nata nei giorni successivi a questo incontro è la seguente:
una nazione all'estremo del mondo, circondata dagli oceani e spazzata dai venti non poteva essere abitata che da un popolo amante delle forti emozioni e generoso nei confronti del prossimo.


CONFINI E SUPERFICIE

Situata nell'oceano Pacifico Meridionale a sud-est dell'Australia, la Nuova Zelanda comprende due isole maggiori, la North Island e la South Island e numerose isole minori, tra cui le isole Steward a sud della South Island.
Sono associate alla Nuova Zelanda le isole Cook e l'isola di Niue, mentre le isole di Tokelau ne sono una dipendenza.
Il Governo della Nuova Zelanda rivendica il possesso della Dipendenza di Ross in Antartide.

Il territorio della Nuova Zelanda, che comprende le Antipodes Island, le Isole Auckland, le Bounty Islands, le Campbell, le isole Chatham e le Kermadec Islands si estende su una superficie di 270.990 kmq.


MORFOLOGIA DEL TERRITORIO

Il territorio della N.Z. è prevalentemente montuoso (oltre duecentoventi cime famose che superano i 2280 m.) con vaste regioni pianeggianti.

Le principali catene montuose dell'isola North si trovano sul lato orientale dell'isola.La regione centrosettentrionale è invece occupata da una catena di origine vulcanica, con tre vulcani attivi, il Ruapehu m. 2797, la cima più elevata dell'isola:il Ngauruhoe m. 2291 e il Tongariro m. 1968.
Nell'estremità occidentale dell'isola sorge il monte Egmont m. 2518, vulcano estinto.
La regione del lago Taupo è ricca di sorgenti minerali calde. La principale catena montuosa della South Island detta Alpi Meridionali, si estende per tutta la lunghezza dell'isola, da sud-ovest a nord-est e comprende oltre sette cime che superano i 3048 m.
Il monte Cook m. 3764, la vetta più alta della N.Z., sorge proprio al centro della catena, in cui si trovano numerosi e imponenti ghiacciai. Le uniche aree pianeggianti alquanto estese della South Island sono le pianure di Canterbury Plains a est e quelle del Southland a nord.
La costa è frastagliata da profondi fiordi.


CLIMA

Il clima della Nuova Zelanda è generalmente mite, con escursioni stagionali minime.
L'estremità settentrionale della penisola di Auckland presenta le temperature più elevate, mentre quelle minori si registrano sulle pendici sudoccidentali delle Alpi Meridionali.
Le precipitazioni piovose variano da moderate ad abbondanti, fatta eccezione per una piccola zona nella regione centromeridionale della South Island, superano i 500 mm. all'anno.
Le precipitazioni più abbondanti interessano la costa sudoccidentale della South island.
Le temperature aumentano progressivamente da sud a nord; a Wellington la media di gennaio è di 21°C e quella di 7°C a luglio con una media di precipitazioni di 1245 mm, ad Auckland le temperature medie sono rispettivamente di 22°C e 9°C, con precipitazioni medie di 1790 mm.

ITINERARIO DI VIAGGIO

Christchurch ab. 320.000, capitale della regione del Canterbury è la più popolosa città di South Island e la terza del paese.Fondata nel 1850 da missionari anglicani, è la più inglese fra le città della Nuova Zelanda.Sono lo scorrere tranquillo del fiume Avon e la piacevole zona centrale in cui si concentrano l'università, caffè, il Canterbury Museum e il delizioso Botanic Gardens, a conferire a Christchurch un particolare aspetto molto più inglese di altre città della stessa Inghilterra.
E' da questa accogliente città che inizia la nostra avventura nella terra dei "kiwi".

L'itinerario si è sviluppato seguendo la costa orientale della South Island toccando i paesini agricoli di Waipara, Cheviot e Kaikoura una cittadina adagiata in una baia a ridosso della Kaikoura Peninsula protetta dalle cime, in inverno innevate, delle vicine montagne del Kaikoura Range.
Abitata da oltre mille anni dai maori, Kaikoura diventò nell'Ottocento una base di balenieri e cacciatori di foche; poi l'attività dei suoi abitanti si ridusse alla pesca del "crayfish" (in maori Kaikoura significa appunto mangiare l'astice). Kaikoura è diventata una meta naturalistica, il luogo del mondo dove è facile avvistare il capodoglio, la più grande balena dentata degli oceani.
Lasciata Kaikoura, la strada con i suoi numerosi saliscendi ci conduce al paesino di Ward, piccolo centro abbarbicato tra dolci colline sulle quali pendici pascolano indisturbate pecore e mucche.
Siamo nella regione del Marlborough dove si producono anche alcuni dei migliori vini neozelandesi.I saliscendi si fanno sempre più serrati e impegnativi per diversi km. fino a Blenheim, per poi raggiungere la cittadina di Picton 4000 abitanti situata all'interno del Queen Charlotte Sound, è il porto di partenza per raggiungere la North Island.
Picton ha un'atmosfera rivierasca con vecchi alberghi e pub coloniali, molte case dipinte a colori vivaci, un lungomare con le palme e un animato porticciolo.Il traghetto in poco più di due ore di traversata, insinuandosi tra i verdi fiordi, ci sbarca nella capitale della Nuova Zelanda "la ventosa" Wellington.E' una città sinuosa, che si sviluppa su diverse colline: ciascuna è un quartiere.Altri rioni sono incastonati nelle numerose baie che formano il golfo attorno a cui è costruita la città.Vivere a Wellington è piacevolissimo, i ritmi rilassati sono rimasti quelli di molti decenni fa, passeggiare tra i grattacieli di vetro della zona direzionale a due passi dal Parlamento conferisce all'animo un senso di tranquillità e protezione, è questo uno dei motivi per cui i suoi abitanti sono fieri di vivere in questa città.
Lasciata Wellington proseguiamo sempre costeggiando la North Island fino alla cittadina di Otaki il principale porto d'esportazione della N.Z., centro d'imbarco di legname e frutta. Lasciamo Tauranga, sotto un sole quanto mai desiderato prima, ci dirigiamo oramai verso le ultime tappe di questo nostro viaggio; la strada si fa pianeggiante e la nostra mente comincia a realizzare che l'avventura sta giungendo al termine.
Gli ultimi 200 km. si snodano passando per ameni paesini agricoli distesi tra dolci saliscendi delle verdi e rigogliose colline neozelandesi.
La Skytower che si staglia nel cielo di un azzurro quanto mai carico, ci dice che siamo entrati nella "città della vela" Auckland con il suo milione di abitanti ci appare gradualmente in tutto il suo fascino. Gli ottantamila alberi che assediano la City di Auckland non sono frutto della proclamata vocazione ambientalista dei neozelandesi, paese pulito e verde per eccellenza, ma i fusti che sostengono la veleria delle barche ormeggiate nel porto della città che si è guadagnata la fama di capitale mondiale della vela.
Basta passare una giornata a bordo di una barca che vi porta fra le isole dell'Hauraki Gulf per capire che non potrebbe essere altrimenti.Qui il vento è il dominatore assoluto, nel giro di pochissimo tempo può far cambiare le condizioni atmosferiche svariate volte, e bene lo sanno i nostri velisti di Luna Rossa.
In Nuova Zelanda la vela non è una moda dei tempi moderni, ma è nel sangue dei neozelandesi e non c'è da stupirci se vediamo un manager della city arrivare in giacca e cravatta al porticciolo di uno dei tanti Yacht club smettere gli abiti di lavoro e indossare quelli per la barca a vela.
La vela per i neozelandesi è parte integrante della loro cultura come il calcio nei paesi latino-americani.
Auckland è l'unica metropoli multietnica del paese, con genti, sapori e umori provenienti da tutto il mondo, ma in particolare dal Pacifico.Numerosi anche gli asiatici, soprattutto coreani, giapponesi, cinesi e indiani che hanno aperto ristoranti in tutti i quartieri della città.
Auckland è anche la città più grande del pianeta dopo Los Angeles: copre un'aerea urbana di 5.580 kmq.L'asse principale della città è Queen St., centro commerciale, finanziario e d'intrattenimento, sede di banche, compagnie aeree, cinema e teatri, ma anche animata e pittoresca galleria di numerosi negozi d'ogni genere.






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COME ARRIVARE

La Nuova Zelanda si raggiunge via Asia-Australia o via Stati Uniti-Polinesia.
Il modo più comodo e economico, avendo le biciclette al seguito come nel nostro caso, è volare a Christchurch via Singapore con Lufthansa e Air New Zealand.
Il periodo migliore è tra fine ottobre e fine dicembre. Il tempo comincia a stabilizzarsi al bello, si possono trovare biglietti aerei a prezzi convenienti, non ci sono troppi turisti, gli ostelli e i backpakers (sistemazioni simili agli ostelli) non sono affollati ed è facile trovare posto per dormire.


PER DORMIRE E MANGIARE

La Nuova Zelanda sembra una terra fatta a su misura per i cicloturisti.Gli itinerari sono concepiti per trovare a fine giornata comunque una sistemazione; nella stragrande maggioranza dei casi l'ostello o il backpaker sono le soluzioni che si incontrano più comunemente, sono pulitissimi, offrono la possibilità di cucinare e sono economici (con tariffe da 12 a 15 dollari neozelandesi).
Nelle situazioni di difficoltà i neozelandesi hanno un alto senso dell'ospitalità e quindi sono disponibilissimi a risolvere qualsiasi eventuale inconveniente capitatovi. Ricordarsi che nella zona del National park è difficile trovare sistemazioni per la notte; bisogna arrangiarsi con la tenda o chiedere ospitalità alla gente del posto.Le tappe a rischio sono:Wanganui-Parikino, Parigino-Pipiriki e Pipiriki-National Park.
Una soluzione interessante perché economica e pratica in assenza degli ostelli, è quella dei campeggi che offrono delle "cabinas" (stanza per dormire tipo bungalow) con servizi e l'uso della cucina esterni alle abitazioni e in comune con altre.


CONSIGLI UTILI

La bicicletta può essere messa nell'apposita sacca (ottima quella della Scicon) dopo aver smontato i pedali, il manubrio, la sella e consegnata al check-in all'aeroporto. Utile è fasciare tutte le parti delicate della bicicletta con della gomma piuma.
I copertoni più indicati per questo tipo d'itinerario, che prevede anche strade bianche, sono delle coperture per strada con asfalto grosso con battistrada laterale leggermente scolpito.
Da non dimenticare alcune camere d'aria di scorta, delle chiavi a brugola, un cacciavite per le microregolazioni del cambio, la chiave per il montaggio dei pedali, del filo di ferro, dello spago, leve per lo smontaggio delle coperture, della pasta lavamani, un lucchetto da bici e un rotolo di nastro per riparare eventuali strappi alle borse della bici.
Utile è un'assicurazione perché gli italiani che viaggiano in Nuova Zelanda non hanno diritto all'assistenza sanitaria pubblica gratuita, a meno che non restiamo vittime di un incidente automobilistico.


CHE COSA PORTARE

Sempre e solo l'indispensabile.Un aspetto da non trascurare è quello dell'abbigliamento
Tra le cose indispensabili da considerare un paio di scarpe da bicicletta e scarpe da trekking leggero da riposo e utili anche per pedalare sotto la pioggia, calzini tipo "coolmax" leggeri e asciugano in fretta, maglie e pantaloni da ciclista, completo per la pioggia, maglia pelle in capilene, cappello, occhiali da sole, giacchettino antivento, guanti tipo wind-stopper, cuffia con copri orecchie in pile leggero.Attenzione il casco in Nuova Zelanda è obbligatorio.
Per la libera uscita aggiungere un paio di jeans, una polo manica lunga e ovviamente l'intimo.


CHE COSA COMPRARE

Sculture e artigianato maori sono gli acquisti più interessanti e originali: legno scolpito e intarsiato di madreperla (ottima la scuola di Rotorua).Ottimi e di numerose fatture sono gli abiti sportivi e vari prodotti in pelle d'agnello, ma i prezzi non sono vantaggiosi.
C'è una grande produzione di maglioni di lana di varie linee e prezzi.
Molte le occasioni per comprare ottima attrezzatura per l'alpinismo, il campeggio e la vela.

NOTA. Un ringraziamento particolare a chi ci ha aiutato a realizzare il viaggio, rispettivamente:
Scicon per le borse da bici,
Selle Italia per le selle,
Windy per il materiale per la pioggia,
Giordana per l'abbigliamento,
Windtex per l'antivento,
Biotex per le maglie a pelle e
Gist per gli accessori tecnici.

Hanno partecipato al viaggio:
Maurizio Gavarini, Vlady Savoldo e Massimo Fontana tutti di Padova.
Il viaggio si è svolto nel mese di Novembre 1999.

domenica 5 settembre 2010

24h di Mountain bike a Milano






24 Ore di Milano 11-12 settembre 2010


Per diversi mesi è stato un brusio che aleggiava tra i biker di tutta Italia… Una 24 ore a Milano? Ma va! Ma dove la fanno in Duomo? In metropolitana?! No! Alla “Montagnetta”, ecco dove.

Chiamata comunemente “Montagnetta”, il Monte Stella ospiterà la prima 24h di Milano; nata come concetto già quest’inverno, grazie al patrocinio del Comune di Milano e ai suoi assessorati allo sport e al verde pubblico, oggi questa 24 ore ha preso concretezza.
La manifestazione prenderà il via sabato 11 settembre, ma il parco esposizione e l’aera demo coi prodotti delle aziende e la zona mercato per appassionati (e non) sarà già aperta da venerdì 10.
L’evento sarà organizzato da APEB media-events e coadiuvata per tutta la parte tecnica e di sviluppo del tracciato dallo staff della 24H di Finale Ligure.

Filosofia - La rinascita
Milano apre le porte ad un grande evento che vuole coinvolgere attivamente gli sportivi e gli appassionati ma, ancor di più, i neofiti e i curiosi. La principale mission di questo evento è far “rinascere” lo spirito sopito, ma non perduto, delle ruote grasse, nei milanesi.
La “rinascita” anche di questo piccolo angolo di verde milanese così che venga apprezzato e valorizzato al top dai milanesi e dai lombardi in genere, e lasci a chi viene da fuori un forte ricordo di Milano come città del verde e dello sport... facendo dimenticare quell'aurea di grigiore diffusa nell'immaginario collettivo. L'idea di “rinascita” si sposa perfettamente con lo spirito del geniale Maurizio Nichetti, che 30 anni fa girò a Milano Ratataplan, un viaggio surreale per la città e un'interpretazione anche della magnifica follia milanese, partendo proprio dalla Montagnetta.
Ovviamente gli organizzatori hanno contattato Maurizio per coinvolgerlo così da arricchire di contenuti questa manifestazione, in un progetto che vuole vedere la Montagnetta come simbolo di una rinascita culturale oltre che sportiva. La vera rinascita quindi è recuperare una mentalità che vuole la gente più protagonista del territorio e che la stimoli a usarlo in maniera attiva e soprattutto sostenibile.

Museo

Per completezza culturale sarà allestita un’area espositiva/museale che ripercorre tutta la storia della collinetta dal 1946 a oggi, passando per Ratataplan, il pionieristico Rampichino di Cinelli, terminando con la mountain bike con attrezzatura, foto storiche e documenti di grande interesse.

Demo Day

Per soddisfare l'immenso pubblico di appassionati delle 2 ruote, data la defezione della storica manifestazione milanese del settore, verrà allestito un villaggio “esposizione e test” in collaborazione coi maggiori marchi produttori del settore. Qui gli appassionati potranno provare in anteprima nazionale tutte le novità del 2011 su un percorso attrezzato ad hoc per tutti gli usi: dalla city bike al gravity più estremo e anche l’e-bike.

Bike Market

Sarà allestito un villaggio aperto a tutti dove chiunque potrà vendere e comprare sia bici sia componenti ed accessori, di cui il mondo della mountain bike addicted fa quasi una malattia. Troveranno spazio qui anche svariati altri servizi per tutti i visitatori.

Charity - Adotta un Big 

Tanti personaggi di spicco dello spettacolo e dello sport sono appassionati di mountain bike. Diversi di questi stanno aderendo all’iniziativa di charity “adotta un big”. I team potranno tramite un’asta online (dal 30 giugno al 5 settembre) “adottare” uno di questi big come membro del loro team. Tutto il ricavato andrà in beneficenza, nella fattispecie alla Fondazione Vialli e Mauro che parteciperà con la solita competenza e trasparenza all'iniziativa.

Percorso
Il percorso sarà interamente fuoristrada e presenterà un dislivello di circa 150 metri per giro.
A breve sarà pubblicata sul sito ufficiale la mappa del percorso e sarà possibile scaricare la traccia gps.

Perché Milano e perché il Monte Stella?
Milano rappresenta una fetta importante della storia della mtb.
Il 1980 vede la nascita e la diffusione del mitico Rampichino proprio nel capoluogo lombardo e non a caso in Montagnetta, unica “vetta” meneghina.
Il Monte Stella, noto ai milanesi come "La Montagnetta di San Siro" o più semplicemente "Montagnetta", è un rilievo che si trova nella zona nord-ovest di Milano, nel quartiere QT8. È uno dei parchi della città lombarda. Si tratta di una collinetta artificiale (con un’altezza di 170 metri sul livello del mare) formata inizialmente con l'accumulo di macerie provocate dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale e con altro materiale proveniente dalla demolizione degli ultimi tratti dei bastioni, avvenuta dopo il 1945. Il progetto si deve all'architetto Piero Bottoni, che lo dedicò alla moglie Stella, da cui la collina prende il nome e successivamente all’accumulo dei detriti venne realizzato il Parco Monte Stella, con una superficie di 370000 m² tra zone boschive e prati. Il concetto di “rinascita”, sul quale si basa la filosofia dell'evento, si sposa perfettamente con questo parco, che da cumulo di detriti della guerra si è trasformato in un luogo dove i cittadini di Milano possono ritrovare un ambiente ideale per l'attività sportiva. Il parco è realizzato su gradoni a salire, collegati da una strada panoramica che, girando attorno al monte, ne raggiunge la cima. Dai punti più alti si ha una vista della città e del suo hinterland, mentre dalla “vetta” la vista può spaziare su buona parte dell’Arco Alpino e degli Appennini. A nord ovest il rassicurante massiccio del Rosa, l'aerea ed estetica cresta Tasch-Dom e i “milanesissimi” rilievi della Grigna e del Resegone faranno da cornice alle serate della 24 ore di Milano.

PROGRAMMA:


venerdì 10 settembre
ore 8,00: allestimento
ore 9,00: apertura percorso per prove
ore 10,00: apertura villaggio demo-expo
ore 12,00: iscrizioni punzonatura
ore 20,00: chiusura area demo
ore 23,00: chiusura area ristoro-bar


sabato 11 settembre
ore 9,00: apertura sala stampa
ore 10,00: apertura villaggio demo-expo
ore 10,00: apertura area ristorante (per tutti); pasta day (per chi gareggia) e chiringuito (per tutti)
ore 12,00: performance “la rinascita” con maurizio nichetti, a seguire cerimonia di partenza
ore 13,00: inizio gara, in contemporanea animazione, expo e demo day.
ore 20,00: chiusura area demo
ore 21,00: inizio “riders party” con unplugged e proiezioni

domenica 12 settembre
ore 10,00: apertura villaggio demo-expo
ore 13,00: fine competizione
ore 14,00: premiazione

Tutte le info e aggiornamenti: www.24hmilano.it

lunedì 15 marzo 2010

DICHIARAZIONE ALZAIA DAY

DICHIARAZIONE ALZAIA DAY
Noi sottoscritti cittadini partecipanti alla manifestazione ALZAIA DAY RITENENDO- che l’alzaia del Naviglio Grande da Turbigo ad Abbiategrasso sia una delle più belle e frequentate green way della Regione Lombardia e d’ Italia e per tutti noi un irrinunciabile bene comune;- che la sua chiusura a tempo indeterminato, sia a piedi che in bicicletta, disposta con ordinanza in data 21\01\2010 dal Parco del Ticino, rappresenti un grave danno per tutte le popolazioni rivierasche e per il turismo regionale;PRESO ATTO- che il sedime dell’alzaia è di proprietà della Regione Lombardia, che ne ha delegato la gestione al Parco del Ticino in base ad una convenzione che scadrà il prossimo 21\03\2010;- che spetta alla Regione Lombardia la disciplina sul piano legislativo e regolamentare dell’utilizzo delle alzaie dei canali presenti sul proprio territorio nonché la determinazione dei requisiti di sicurezza da osservare;RILEVATO- che la suddetta regolamentazione è attualmente assolutamente carente e che, proprio in questo contesto, è maturata la sentenza del Tribunale di Milano del 31\12\2009 con la quale il Parco del Ticino è stato condannato al risarcimento dei danni per un sinistro mortale avvenuto lungo la pista ciclabile del Naviglio Grande (sentenza, per altro, non definitiva e contro la quale l’ Ente ha proposto appello);- che in conseguenza della predetta sentenza il Parco del Ticino è stato costretto a chiudere al pubblico l’ alzaia per mancanza di sufficienti requisiti di sicurezza;RITENUTA L’URGENZA- che la Regione Lombardia provveda a disciplinare sul piano legislativo e regolamentare l’utilizzo delle alzaie dei canali ( con particolare riferimento agli standard di sicurezza da garantire ai fruitori ) ed a stanziare i fondi necessari per la loro messa in sicurezza; CHIEDIAMOCHE tutta l’alzaia del Naviglio Grande venga al più presto riaperta alla fruizione pubblica;CHE la chiusura, in attesa del posizionamento di sistemi di protezione, sia limitata solo al tratto di maggior pericolosità dove è avvenuto l’incidente ( Boffalora Sopra Ticino – Robecco sul Naviglio );CHE la Regione Lombardia provveda al più presto a disciplinare sul piano legislativo e regolamentare l’utilizzo di tutte le alzaie dei canali presenti sul proprio territorio, determinando i requisiti minimi di sicurezza da garantire ai fruitori;CHE nel redigere la suddetta regolamentazione la Regione Lombardia tenga conto di quanto avviene lungo i canali del resto d’ Europa e delle peculiarità paesistiche del Naviglio Grande, disponendo la collocazione di barriere protettive solo nei punti di maggior pericolosità;CHE la Regione Lombardia provveda all’immediato stanziamento dei fondi necessari per la messa in sicurezza di tutta l’alzaia, in modo che si possa procedere al più presto alla sua riapertura;CHE in questo periodo di transizione non si applichino sanzioni a chi - in coerenza con l’uso sociale ultraventennale dell’alzaia stessa come pista ciclopedonale - ne vorrà usufruire sotto la propria responsabilità.

14 MARZO 2010 ALZAIA DAY


Un successo ben oltre le aspettative quello dell’Alzaia Day, la manifestazione che si è tenuta ieri (domenica 14 Marzo), quale forma di protesta verso l’ordinanza che ha imposto la chiusura di gran parte del tratto ciclabile sull’alzaia del Naviglio Grande da Turbigo ad Abbiategrasso. Quest’ordinanza deriva dall’ormai nota sentenza del Tribunale di Milano del 31/12/09, in cui il Parco e i genitori del ragazzo che contribuì all’impatto e alla caduta in acqua di una signora durante l’estate 2002 sull’alzaia, in zona Robecco sul Naviglio, venivano condannati al risarcimento del danno, poiché la donna morì, in stato di coma vegetativo, un anno dopo. Mentre, da una parte, il Parco del Ticino ha dichiarato nel comunicato stampa dell’11 marzo scorso che “Abbiamo già presentato appello contro il provvedimento emesso” e che “Ci si augura un ripensamento del giudice”, dall’altra si è creato un forte disagio tra le persone che abitualmente frequentano quel tratto, sia in bicicletta che a piedi. E tali persone non sono poche. Per questo motivo un giovane di Cuggiono, Marco di Zinno, ha pensato bene di dare forma ad un momento di confronto, costruttivo e pacifico, nei confronti di un’ordinanza troppo radicale imposta a centinaia di cittadini, molti residenti nel territorio, ma tanti che provengono dalle vicine città e province. Marco ha scelto di usare Facebook come mezzo per radunare tutti coloro che intendevano farsi sentire e così nel giro di due settimane sono state circa 3.200 le persone che si sono iscritte al gruppo (e il numero è tuttora in crescita ndr). Una camminata pacifica, scandita dal motto ‘Territorio, acqua, paesaggio. Difendiamo i beni comuni’ che ha preso il via dal ponte di Bernate attorno alle 10, per concludersi, poi, a Boffalora sopra Ticino, dove si è tenuto un breve dibattito in cui sono intervenuti alcuni esponenti degli enti territoriali. Tra questi l’Assessore alle Infrastrutture e alla Mobilità Ciclabile della Provincia di Milano, Giovanni De Nicola, che ha posto l’accento sulla “Grande prova di civiltà dimostrata dalla manifestazione”. Sull’ordinanza, De Nicola ha detto: “Trovo assurdo un provvedimento simile, perché non esistono in nessuna ciclabile europea, che corra a fianco di un corso d’acqua, tratti interamente muniti di parapetti; perché non li hanno fatti anche ad Amsterdam? Perché non li facciamo anche lungo il Po e sui canali di Venezia?”. E per finire ha voluto sottolineare la vicinanza della Provincia: “Sappiate che la Provincia è con voi e, personalmente, proporrò uno studio per migliorare la sicurezza lungo l’Alzaia che abbia come motto ‘meno costi e più piste’!”. E’ intervenuto anche il Senatore della Lega Nord, Massimo Garavaglia: “Mi auguro che dopo quanto accaduto si inizi a fare ordine nella gestione del Naviglio. Spero che l’occasione sia utile per fare chiarezza sulla gestione”. L’Alzaia Day è stato il primo appuntamento organizzato da Marco e dall’Ecoistituto della Valle del Ticino di Cuggiono. In programma vi è, infatti, un incontro sulla viabilità ciclabile che si terrà probabilmente nel maggio prossimo. Nel frattempo, oltre a seguire gli sviluppi sul gruppo di Facebook ‘Ridateci il nostro Naviglio’ è già online un nuovo blog che tratterà da vicino questi temi: http://ilnostronaviglio.blogattivo.com.

SULLA VICENDA E' INTERVENUTO IL SINDACO DI BERNATE TICINO, CHIARAMONTE
In merito alla recente chiusura dell'alzaia del Naviglio Grande, decretata da una sentenza relativa a un incidente avvenuto nel 2002, che ha visto una persona perdere la vita e, in virtù della manifestazione di domenica 14/03/2010 che ha visto la protesta di centinaia di persone partire proprio da Bernate Ticino, il sindaco Osvaldo Chiaramonte intende rilasciare la seguente dichiarazione: “L'Alzaia del Naviglio è una risorsa fondamentale per i nostri comuni. I fine settimana vedono un'affluenza notevole di persone che vengono anche da altri paesi per trascorrere alcuni momenti di relax..Le mamme con i passeggini, i pescatori, le famiglie trovano da noi un momento di svago per godere delle bellezze naturali del nostro territorio. Bernate Ticino, in particolare, ha una irrinunciabile vocazione turistica che vede nel Naviglio e nella Canonica i due elementi prestigiosi che ne garantiscono il pregio. Altresì, la promozione del nostro territorio sta creando nuove attività sinergiche in tal senso: attività commerciali, l'imminente riapertura dello storico Circolo ecc. Non è possibile mortificare il sorgere o risorgere di tali attività specialmente in un momento economico dove i tanti posti di lavoro persi o a rischio, non hanno certo bisogno di incrementarsi ulteriormente. Bisogna trovare, in un tavolo di trattativa che veda impegnate tutte le parti in causa, una soluzione che mantenga la fruibilità di questa importante risorsa, come hanno dimostrato le molte centinaia di persone che, in modo pacifico, hanno manifestato il loro non trascurabile disappunto per la sentenza in oggetto, che prevede la chiusura dell'alzaia fino alla tempisticamente troppo lunga messa in sicurezza della stessa ”.

di Luca Bottini

martedì 2 marzo 2010

CHIUSA LA CICLABILE SUL NAVIGLIO


02 Marzo 2010
Il Parco del Ticino presenterà ricorso. Ciclisti infuriati: "Cose del genere accadono solo in Italia"
Il Tribunale chiude l'alzaia sul Naviglio Grande: "E' pericolosa, bisogna sistemarla"
Magenta Che c'è di più bello di una pedalata lungo il Naviglio Grande, o una bella corsa proprio adesso che le giornate cominciano ad allungarsi e la temperatura è gradevole? Peccato che l'alzaia nel tratto tra Turbigo e Cassinetta di Lugagnano non sarà più percorribile, e questo finchè il Parco del Ticino non avrà sistemato le adeguate protezioni. Coloro che verranno colti in flagranza di “reato”, in bicicletta o a piedi, incapperanno in una sanzione di 51 euro. Proprio così, tutto a causa di una sentenza che si riferisce ad un avvenimento doloroso che ha condannato il Parco del Ticino ad un risarcimento ingente. Il fatto accadde il 26 giugno del 2002.

Quel pomeriggio Miranda Gurgo, una pensionata di Robecco sul Naviglio, stava percorrendo la pista ciclopedonale in sella alla propria bicicletta, verso la frazione magentina di Pontevecchio. All'altezza della Cascina Peralza venne urtata da un ragazzino in gita con l'oratorio della Parrocchia Santa Maria Ausiliatrice di Milano. A causa di questo incidente la donna finì in acqua e venne trascinata dalla corrente per un paio di chilometri verso Cassinetta di Lugagnano. Venne ripescata in condizioni disperate, ma morì un anno dopo. La sentenza di primo grado emessa dal giudice del Tribunale di Milano Maria Stella Cogliandolo, ha condannato in solido la famiglia del ragazzo e il Parco del Ticino (per il 70%) al risarcimento della somma di circa 500mila euro da versarsi alla famiglia della defunta. Nella sentenza il giudice ha rilevato la pericolosità dell'alzaia. Si dice infatti testualmente: “Non vi era alcuna protezione del lato del Naviglio e la sponda era scoscesa, la corrente forte e l'argine privo di alcun appiglio”. Quindi ciclisti, podisti e tutti coloro che vorranno godersi momenti all'aria aperta dovranno rassegnarsi. Sull'alzaia, fino a nuovo ordine (sistemazione di barriere protettive e appigli con salvagenti), non si potrà circolare. Meglio correre quindi sulle strade trafficate, verrebbe da dire. “Si tratta di una sentenza che apre diversi interrogativi – ha commentato la presidente del Parco del Ticino Milena Bertani – anzitutto il Naviglio Grande risulta ancora navigabile, quindi il transito non può essere impedito. Ma allo stesso tempo il giudice parla della necessità di realizzare una protezione adeguata, perciò non una semplice staccionata in legno. Infine occorre rilevare che il Naviglio è un bene da tutelare, quindi occorre sistemare delle protezioni che non siano impattanti e non devastino l'ambiente di pregio circostante”.

Il Parco non è certo rimasto a guardare e sta studiando le contromosse ad una sentenza che, in questi giorni, viene aspramente criticata. “Oltre a dare mandato all'ufficio legale per il ricorso – spiega il direttore Dario Furlanetto – ci stiamo attivando per valutare il progetto di una barriera protettiva che copra tutti gli 11 chilometri interessati. Il costo potrebbe aggirarsi sui cinque milioni di euro”. Ma, oltre a ciò, tale sentenza potrebbe rappresentare un rischio. “Se anche dovessimo realizzare la protezione in maniera adeguata – aggiunge la presidente Bertani – potrebbero, una volta ultimata l'opera, subentrare proteste perchè il manufatto andrebbe a deturpare le bellezze del Naviglio. Si verrebbe a creare una sorta di effetto 'muro sul lago di Como', per intenderci”.

Non mancano le proteste delle associazioni di ciclisti e amanti dell'ambiente. “In nessuna parte d'Europa esistono protezioni e nemmeno si sognano di chiudere le piste ciclabili”, sottolineano.

lunedì 1 marzo 2010

venerdì 26 febbraio 2010

ITINERARIO IN MTB LUNGO IL NAVIGLIO DA ABBIATEGRASSO A BEREGUARDO

ITINERARI0 IN MTB LUNGO IL NAVIGLIO DA ABBIATEGRASSO A BEREGUARDO Il nostro itinerario si snoda lungo il Naviglio di Bereguardo costeggiando interamente le sue sponde. Tutto il percorso misura circa 18 Km ed è totalmente in pista ciclabile con divieto assoluto per i veicoli a motore. Il Naviglio parte da Abbiategrasso località Castelletto per arrivare fino a Bereguardo. Nell’antichità il paese di Bereguardo veniva chiamato “il Beau Regard”, ovvero “luogo piacevole, questo per i medioevali nobili francesi e dove successivamente Luchino Visconti edificò un castello. Il nostro è un itinerario privo di difficoltà,si deve seguire la ciclabile scrupolosamente e non esiste margine d’errore. Ci troviamo di fronte ad un tipico paesaggio agricolo della Pianura Padana. Lungo il nostro tragitto possiamo ammirare le famose conche di Leonardo (la prima, pochi metri dopo la partenza, risale al 400). A circa 6 Km dalla partenza con una piccola deviazione a dx possiamo arrivare a Moribondo, dove si trova un’abbazia di origine Cistercense, costruita nel 1136 e abitata fino al 1798. Proseguendo invece il nostro percorso incontriamo la Cascina Fallavecchia e le varie deviazioni per il paese di Besate e Motta Visconti. Giungiamo quindi a Bereguardo dove il Naviglio prosegue fino a Pavia e potendo ammirare il castello medioevale. Proseguendo lungo la strada poco trafficata e seguendo i cartelli indicatori possiamo arrivare sulle sponde del Fiume Ticino, in località Ponte delle Barche.

domenica 21 febbraio 2010

ITINERARIO DA MAGENTA A GOLASECCA LUNGO LA PISTA CICLABILE


Da Magenta a Golasecca lungo la pista ciclabile
passando per Bernate Ticino, Turbigo, Vizzola Ticino, Golasecca e ritorno.
La pista ciclabile è percorsa da famiglie in bicicletta e da tranquilli passeggiatori, occorre quindi procedere sempre prudentemente a velocità moderata. Non è un percorso adatto all'allenamento per cicloamatori.

Km totali 69

Dislivello 185 metri

Indice difficoltà 44 (Indice di difficoltà considera chilometri e dislivello (100 km dislivello 1.000 metri IND. DIFF.=100)

Percorso lungo la pista ciclabile del naviglio Grande, del canale Villoresi e del fiume Ticino: Ponte Vecchio di Magenta, Ponte Nuovo, Bernate Ticino, Turbigo, Vizzola Ticino e Golasecca e ritorno.

Salite Il percorso non presenta salite, ma qualche saliscendi con leggere pendenze.

Biciclette consigliate Il percorso, con alcuni tratti in sterrato, è adatto alle mountain bike ed alle bici da turismo.



Tramonto autunnale a Golasecca.

Golasecca
Golasecca è famoso soprattutto come centro di un’importante civiltà dell’Età del Ferro che si estende dal Piemonte alla Svizzera al Veneto e che prende il nome di "Cultura di Golasecca".
È qui infatti che è stato ritrovato il maggior numero di reperti archeologici risalenti a quest’epoca.
Il paese in tempi moderni non ha conosciuto lo sviluppo economico che ha modificato l’aspetto e gli stili di vita nei paesi limitrofi.
Questa mancata crescita ha favorito la preservazione dell’ambiente e la conservazione del paese antico.



Note
Ciclisti e pedoni possono percorrere un tracciato che si snoda all'interno di una zona ricca di bellezze naturali e di testimonianze storiche a due passi da Milano.

Il percorso, all'interno del Parco del Ticino, interessa il tratto di alzaia che costeggia il naviglio Grande, il canale Villoresi ed il fiume Ticino.

Il percorso è pianeggiante e costeggia costantemente il corso d'acqua, è a tratti esposto al sole ma prevalentemente all'ombra della ricca vegetazione dei boschi.

Si pedala lungo i fitti boschi e le acque ancora limpide del naviglio Grande e del Ticino, durante la stagione estiva è frequente trovare numerosi gruppi di bagnati in prossimità dei paesi.

La pista ciclabile è frequentata da famiglie in bicicletta e da tranquilli passeggiatori, occorre quindi procedere sempre prudentemente a velocità moderata. Non è un percorso adatto all'allenamento per cicloamatori.

Il fondo stradale è prevalentemente asfaltato, anche se presenta alcuni tratti di sterrato tra Vizzola Ticino e Golasecca, è quindi adatto a mountain bike ed a bici da turismo.

Nei primi chilometri, prima di giungere alla Centrale di Turbigo, si incontrano lungo la riva le antiche ville della nobiltà e della ricca borghesia milanese, che si contrappongono alle tipiche case contadine di Bernate e Boffalora.

Lungo il percorso si incontrano bar e trattorie dove è possibile rifocillarsi, in prossimità di Turbigo (ma anche oltre) si trovano aree adibite al pic-nic con tavoli e panche.

venerdì 22 gennaio 2010

ITINERARIO : Anello di zerbolò




Descrizione del sentiero...
Il sentiero parte dal Ponte di Barche di Beregurado (sponda di Zerbolò in località Boscaccio). Attraversato il ponte, la strada principale che porta a Zerbolò piega a destra, proprio in quel punto parte la strada sterrata che segue l´argine del fiume. Si percorre la stessa per circa 4 Km, fino all´altezza della Cascina Venara, si attraversa il ponticello sul canale Venara e si arriva al Centro Parco. Alla fine del parcheggio la strada prosegue con un percorso rettilineo lungo un paio di chilometri; si arriva all´abitato di Zerbolò, si prende a destra e si attraversa l´abitato seguendo la strada asfaltata, costeggiando la Cascina Guasta, e al bivio per San Biagio si prende a destra verso la Cascina Freddo. Da qui si risale verso la Cascina Boscaccio e il Ponte di Bereguardo.

Due parole sul paesaggio...
Zerbolò si trova quasi ai margini della Lomellina ed il suo territorio, dopo il passaggio dell´autostrada che collega Milano a Genova (che ha diviso in due parti l´abitato), ha saputo mantenere la sua destinazione agricola, arricchita da spunti naturali lungo le sponde del Fiume. Grandi proprietà forestali, dove si praticava fino all´avvento del Parco l´attività di caccia, si affiancano a grandi latifondi agricoli, coltivati quasi per intero a riso e mais. Molti punti panoramici si possono ritrovare anche nella parte agricola, con la presenza di grandi cascine a corte chiusa, tipiche di questa parte di Pianura Lombarda.

Proposte per la visita...
Il Centro Parco ‘Cascina Venara´ è sicuramente da visitare e la presenza del centro di rilascio della Cicogna Bianca ne arricchisce l´interesse. Nelle vicinanze, ritornando sulla strada alzaia che costeggia il fiume (in direzione sud), si può arrivare al Bosco Negri, un´area forestale di particolare interesse scientifico. Nei pressi della Venara si può anche visitare un rimboschimento realizzato alcuni anni fa dal Parco e la lanca ricca di anatidi e aironi. Risalendo verso Bereguardo si arriva al ‘Ponte di Barche´, un punto turistico molto frequentato durante i mesi estivi. Risalendo verso Borgo S. Siro si incontra la frazione di Parasacco, con un bel castello di campagna, e proseguendo sulla sinuosa strada che porta a Borgo S. Siro si costeggia l´area forestale della Cascina Occhio: il vero cuore forestale del Parco del Ticino. A Zerbolò presso l´Azienda Agricola Malpaga, e a Gropello Cairoli presso l´Azienda Agricola San Massimo, si possono acquistare riso ed altri prodotti a marchio del Parco.

INTERRUZIONE SENTIERO E1



13.01.2010 -
Tra Besate e Motta Visconti, lungo il tratto di sentiero E1 che costeggia il fiume, a circa 1,5 Km dal parcheggio in località Lido di Motta Visconti, in direzione Besate, si segnala che il passaggio sulla lanca degli Scaroni è interrotto.

ITINERARIO : VIGEVANO - BOFFALORA


ITINERARIO VIGEVANO – BOFFALORA LUNGO LE SPONDE DEL TICINO

Anche in questo itinerario i cartelli segnalatori E1 la faranno da padroni. Nella prima parte di percorso, dal ponte di Vigevano risalendo il lato occidentale del fiume, le nostre indicazioni saranno sporadiche e mal segnalate (per cui occhi aperti). Al contrario, da Boffalora in direzione sud nella seconda metà di percorso, i cartelli saranno ridondanti. Usiamo come base di partenza il Ristorante “Bellaria” che si trova sulla statale 494 Abbiategrasso – Vigevano, appena oltrepassato il ponte del Ticino in direzione Vigevano, svoltare a destra, dopo soli 100 Mt. siamo arrivati. Dal Ristorante passiamo sotto il ponte ferroviario. Appena oltrepassato troviamo un incrocio sterrato, con indicazioni per due Ristoranti ed un campeggio. Svoltiamo a sx. Arriviamo ad una centrale Enel, svoltiamo a dx su un largo sterrato….oltrepassato un ponticello , troviamo un incrocio… noi proseguiamo dritti. Subito dopo, incontriamo sulla nostra destra un altro bivio, andiamo ancora dritti, tra una schiera di casette e cottage di legno. Tralasciamo tutte le deviazioni secondarie e proseguiamo sino al termine della stradina. La sterrata termina contro una cancellata. Un sentiero a sx (sbarrato da alcuni paletti) ci permette di aggirare la casetta. Appena oltrepassata la casa, lasciamo il sentiero guadando la pozza sulla dx. Proseguiamo sul sentiero che costeggia una cascina ed un recinto per cavalli. Giunti ad una sbarra, oltrepassiamola sulla dx e proseguiamo sempre a dx percorrendo un sentiero che segna il perimetro di un campo. Il sentiero termina, di fronte a noi troviamo il Naviglio Sforzesco che scarica le proprie acque nel Ticino. Svoltiamo a sx con un buono sterrato che , prima costeggia il canale ed in seguito lo oltrepassa con un ponticello. Dopo il ponte dritti. Giunti sulla riva del fiume, lo sterrato piega a sx costeggiando brevemente le acque, poi si allontana addentrandosi nell’ambiente agricolo. A 100Mt. dalla Cascina Longo, svoltiamo a dx su sterrato, seguendo le indicazioni E1B. Bivio!! Teniamo la dx (indicazioni E1B poco evidenti). Subito dopo, ancora a dx. Giunti al cartello informativo del parco (ATTENZIONE ) NON proseguire dritti!! Svoltiamo a dx sempre su sterrato seguendo le indicazioni E1B- Villareale (la strada sembra riportarci in dietro!). Giungiamo al fiume e proseguiamo percorrendo un sentiero tra i pini. Bivio. Prendiamo il sentiero a sx che poi diviene uno sterrato bello e comodo. Altro bivio. Andiamo ancora a sx. Siamo nei pressi di Villareale. Inizia una piccola salita, a metà della quale, troviamo un bivio. Il nostro itinerario, prosegue verso dx in discesa. Al termine della discesa, teniamo la sx seguendo lo sterrato principale che avanza tra campi e casette. Con una salita, scavalchiamo il Naviglio Sforzesco. Appena terminata la salita, evitiamo il bivio a sx e proseguiamo dritti. Grande incrocio sterrato andiamo a dx. Incrociamo una strada asfaltata, che prendiamo verso dx. Attraversiamo in discesa il Naviglio Sforzesco, siamo in località S. Giacomo, quando l’asfalto termina di fronte a noi iniziano due sterrati, percorriamo quello di sinistra (più piccolo) costeggiando un allevamento ittico…Lo sterrato prosegue tra campi e cascine senza possibilità di errore. Incrociamo un altro sterrato. Proseguiamo dritti attraversando il ponte che scavalca un canale. Attraversiamo un altro canale, poi giunti al Mulino Crosa, troviamo un bivio. Svoltiamo a sx. su un largo sterrato. Su comodo asfalto, attraversiamo nuovamente il Naviglio Sforzesco. Giungiamo al Naviglio Langosco. Non attraversiamolo ma, svoltiamo a dx. su sterrato. (cartello Parco Naturale Valle Ticino). Oltrepassata la Cascina Polveriera, incrociamo uno sterrato proprio nel punto in cui compie un’ampia curva ed entra nel cascinale. Noi proseguiamo dritti. Giungiamo all’asfalto, (per Cerano). Svoltiamo a sx. e , dopo circa 70 Mt. Oltrepassiamo il Naviglio Langosco, quindi, prendiamo la grande strada bianca alla nostra dx. Incrociamo nuovamente l’asfalto. Svoltiamo a dx sul ponte che riporta ancora una volta sulla sponda del Naviglio Langosco. Percorriamo una discesa in fondo alla quale svoltiamo a sx. percorrendo un largo sterrato che, dopo pochi metri inizia a costeggiare due canali. Attraversiamo uno dei due canali e proseguiamo sull’alzaia sterrata del Naviglio Sforzesco. Trascuriamo il primo ponte con indicazioni “Bar” e facciamo la stessa cosa con il secondo. Giunti al terzo ponte (doppia arcata in mattoni rossi)proprio nel punto in cui il Naviglio si divide in due, attraversiamolo svoltando a dx. Incrociamo un altro largo sterrato, giriamo a dx. percorrendo un ponticello. Ancora un incrocio sterrato. Svoltiamo a sx. E quando incrociamo l’asfalto troviamo a dx una grande cancellata. Noi svoltiamo a sx su asfalto, poi, dopo pochi metri, cambiamo ancora direzione, girando a dx (indicazioni parcheggio). Ci troviamo alla Trattoria Cacciatore. Attraversiamo il parcheggio. Sul lato opposto, inizia una pista ciclabile sterrata (cartello segnaletico). La ciclabile giunge sulla riva del fiume, svoltiamo a sx in direzione del ponte ferroviario che attraversa il Ticino. Passiamo sotto il ponte e prendiamo la rampa a sx che sale sul ponte della statale. Percorriamolo con molta attenzione a causa del traffico. Svoltiamo alla prima deviazione a dx (indicazioni ristorante Bel Sit ). Al termine della discesa, prima del sottopasso svoltiamo a sx entrando nello sterrato sbarrato con alcuni sassi (Cartello descrittivo “Cammino dell’alleanza”). Dopo 100 Mt. Giunti sulla riva del Ticino, andiamo a sx entrando nella piccola galleria. Da questo punto seguiremo le ottime indicazioni E1 con poche possibilità d’errore. Bivio, teniamo la sx e dopo pochissimi metri svoltiamo a dx (indicazioni “Cammino dell’Alleanza”). Entriamo nella “Riserva faunistica la Fagiana”….percorriamo una sterrata ciottolosa. Giunti ad uno slargo troviamo un bivio, teniamo la sx. Bivio andiamo a dx su sterrato piccolo e sassoso (indicazioni Magenta). Grande slargo con incrocio e molte indicazioni per i diversi punti della riserva, proseguiamo dritti. Troviamo un incrocio sterrato andiamo a dx seguendo le indicazioni E1. Ancora un incrocio sterrato andiamo a dx, dopo 300 Mt. Bivio prendiamo a sx sempre su sterrato. Oltrepassiamo un vecchio cancello in disuso e svoltiamo a sx su sterrato, dopo circa 200 Mt. Troviamo un bivio, andiamo a dx. Al cartello d’ingresso dell’oasi “Fagiana” andiamo dritti. Attraversiamo il ”Cascinello Prinetti Mako” e al bivio andiamo a sx. Subito troviamo un altro bivio andiamo a dx e dopo 70 Mt. ATTENZIONE indicazioni E1 equivoche non proseguire dritto, svoltare a sx su asfalto incontriamo Cas. Barcelletta e subito dopo Cas. Visconta. Incrociamo una strada asfaltata con l’indicazione di varie cascine, svoltiamo a dx…incontreremo la Cas. Grande e il Mulino Albani. Svoltiamo sullo sterrato a sx indicazioni Cas. Vecchia, dove poco più avanti la incontreremo. Incrocio sterrato, prendiamo a dx costeggiando un canale, proseguiamo per circa 800 Mt, incroceremo una cancellata che interrompe lo sterrato, poco prima svoltiamo a sx in un bivio. Incrocio sterrato andiamo a dx. Ancora un incrocio andiamo a dx. Altro incrocio sterrato, svoltiamo a sx per non entrare nella cascina. Oltrepassando un cascinale, troviamo un incrocio, svoltiamo a dx. Lo sterrato diventa sentiero e subito dopo, raggiunto un braccio morto del fiume, piega a sx. Oltrepassiamo una sbarra e costeggiamo il ramo del fiume….dopo circa 500 Mt oltrepassiamo una seconda sbarra. Giungiamo ad uno slargo con al centro un albero. Svoltiamo sullo sterrato a sx costeggiando il Canale Scolmatore. Al primo ponte, svoltiamo a dx, scavalcando il canale e proseguiamo dritti percorrendo uno sterrato piacevole. Giungiamo all’asfalto che percorreremo sino a che troveremo uno sterrato sulla nostra dx con indicazioni E1 e Cas. Gaianella. Percorriamo lo sterrato incontrando varie cascine. Bivio sterrato senza indicazioni. Svoltiamo a dx, dopo circa 200 Mt troviamo l’asfalto, dove giriamo ancora a dx. Giunti a Cas. Ramondada, Lasciamo l’asfalto prendendo lo sterrato a sx con indicazioni per Cas. Bellotta e Cas. Broggina. Oltrepassiamo le cascine senza entrarci ma girandone intorno a sx. Bivio sterrato, teniamo la sx sempre seguendo i cartelli E1. Proseguiamo dritti, Giunti al passaggio a livello, lo oltrepassiamo. Giungiamo alla Cas. Trinchera, passiamo un ponticello e troviamo l’asfalto, teniamo la sx. Arrivati alla S.S. 494 in località Soria Vecchia, svoltiamo a dx (attenzione al traffico). Dopo circa 2,5 Km, giungiamo al ponte, lo oltrepassiamo e svoltiamo subito a dx. per ritrovarci finalmente al punto di partenza. Il nostro itinerario a una lunghezza di 45 Km ed una difficoltà media.