domenica 19 settembre 2010

VIAGGIO IN RUSSIA IN MOUNTAIN BIKE


RITORNO SULLA VIA DELLA VITA
di Maurizio Gedda

Fu aperta dai russi per sopravvivere durante il tragico assedio che le truppe naziste strinsero intorno alla città di Leningrado per 28, lunghi, eterni, mesi provocando 630.000 vittime. Grazie a questa ‘strada’ tracciata sulla superficie del Ladoga solidificata dal gelo gli abitanti della città assediata riuscivano a rifornirsi, alcuni a fuggire, a manternersi aperta una via verso la speranza di sopravvivere. Con quest’impresa in solitaria voglio rendere un mio piccolo, personale omaggio alla memoria di donne e uomini eccezionali che con grande coraggio seppero resistere al martellare dell’artiglieria tedesca.

Diario di viaggio.....

.......Stipati come sardine all’interno di un fuoristrada Uaz, cinque persone piú il materiale, domenica 15 febbraio partiamo da San Pietroburgo per raggiungere Vlidiza, punto di partenza per l’attraversamento del grande lago ghiacciato Ladoga la cui superficie è circa trenta volte quella del lago Maggiore. È da tempo che penso a quest’impresa e l’ho progettata in ogni dettaglio anche se poi, nel compierla, mi dovrò rendere conto che la realtà quotidiana russa sfugge veramente a ogni previsione. Viaggiando verso Vlidiza mi accorgo che ai bordi delle strade ci sono numerose persone, soprattutto donne, che vendono prodotti agli automobilisti: chiedo all’autista di accostare vicino a una di queste donne e cosí scopro che vendono carta igienica. Nella zona ci sono fabbriche di carta igienica che pagano lo stipendio ai dipendenti in rubli e in prodotti che vengono rivenduti per recuperare qualche soldo. È il primo segnale, credo, della realtà che andrò a conoscere: una realtà dura nella quale vivere è davvero difficile. Qui la gente è davvero corazzata per resistere sia alla natura sia a un’organizzazione socio-economica al limite della sopravvivenza. La sopravvivenza è una costante connaturata in queste persone che sono comunque splendide: del resto, è per ripercorrere una pagina della loro storia (divenuta leggendaria e simbolica) che sono qui. La mia impresa consiste nel ripercorrere in solitaria, in mountain bike, la ‘via della vita’ sino alla città di Kobona. La ‘via della vita’ venne costruita dai russi per sopravvivere durante il tragico assedio che le truppe naziste strinsero intorno alla città di Leningrado (denominazione che prese San Pietroburgo dal 1924 al ’91) per 28, lunghi, eterni, mesi dal luglio del 1941 provocando 630.000 vittime. Attraverso questa ‘via della vita’ tracciata sul lago ghiacciato gli abitanti della città assediata riuscivano a rifornirsi, alcuni a fuggire, a manternersi aperta una via verso la speranza di sopravvivere. Con quest’impresa in solitaria voglio rendere un mio piccolo, personale omaggio alla memoria di questi uomini eccezionali che con grande coraggio hanno saputo resistere al martellare dell’artiglieria tedesca. Sono trascorsi cinquantacinque anni da quella follia ma mi sembra che intorno a me palpiti ancora lo spirito indomito di quella gente straordinaria. Mentre mi avvicino a Vlidiza sono ancora convinto, sulla base della documentazione raccolta in Occidente, che la ‘via della vita’ attraversi l’intero lago Ladoga mentre, in realtà, il percorso storico parte da Kobona e, oltre il golfo di Busta Petrocrepost, arriva a Kokorievo da dove i russi, su ferrovia, giungevano a Leningrado (San Pietroburgo) e viceversa. In tutto 40 chilometri: io ne percorrerò invece circa 350.
Domenica 15 febbraio alle ore 9 parto dall’albergo di Vlidiza e, con un autobus ormai rodotto a rottame, raggiungo il mio punto di partenza sul lago. La temperatura è -29 gradi e una fitta nevicata rende problematica la partenza in MTB: mi porto comunque al largo dove riesco a procedere a una velocità di 4-5 chilometri orari. La bici si comporta molto bene, cosí come il carretto al traino. Sudo moltissimo: nonostante la bassa temperatura e il freddo pungente. Alle 17.15 raggiungo la riva del lago e monto la tenda: il sudore si raggela ma una volta infilato nel sacco mi sento benissimo. Penso di aver percorso circa 35 km.
Lunedí 16 febbraio. Alle 8 riparto e mi porto al largo dove circa un’ora e mezzo dopo vengo raggiunto dall’assistenza logistica che si muove su motoslitte tenute insieme dal fil di ferro. Sono Stefano Ferrero (il fotografo), Stefano Colombo di Milano e il russo Ghennadi Pilev che si occupano della logistica: battono la pista e rientrano al campo base. Alle 16.30 ci sono segnali inequivocabili dell’arrivo di una bufera: sono a pochi chilometri dall’isola dove ho deciso di pernottare. Vedo il bagliore di un fuoco in lontananza, sulla riva del lago: È il gruppo dell’assistenza che mi segnala la sua presenza ma il fuoco non è sulla mia verticale e non riesco a focalizzare il segnale. Arrivo sull’isola: il vento è fortissimo, la temperatura -40 gradi. Scavo una buca nella neve, dietro a un abete, e mi ficco dentro avvolto nel telo alluminizzato con un equipaggiamento survival. La notte trascorre in mezzo agli incubi.
Martedí 17: alzarsi e uscire dalla buca è tremendo, sono tutto indolenzito, ho i crampi alla gamba sinistra per la disidratazione. Poiché la bufera è passata, decido di montare il campo ma ho una sorpresa: appena fuori l’isola c’è un minuscolo rifugio di emergenza, con tanto di stufa, che diventa la mia casa per recuperare le forze. Decido infatti di stare fermo tutto il giorno per riposarmi dopo la notte insonne. Poco dopo arriva Stefano Ferrero sulla motoslitta: si accerta delle mie condizioni e riparte. Mercoledí 18: la bufera ha spazzato la neve dal ghiaccio e ora il lago è uno specchio sul quale pedalo deciso: in quattro ore macino 35 chilometri. Arrivo a Gumbarum, base di pescatori che si trova all’inizio del parco Ladoga che ho previsto di attraversare per arrivare a Kobona con la scorta del guardaparco. In realtà, una pattuglia di poliziotti mi impedisce di andare avanti: chiedo di parlare con l’ispettore ma mi viene detto che non può raggiungerci dal villaggio perché non c’è benzina per l’auto. Mi arrabbio moltissimo ma mi arrendo. Per andare a Kobona, da dove ha inizio la ‘via della vita’, devo viaggiare sulla superficie di un canale ghiacciato che pochi giorni prima si è aperta inghiottendo un’auto di pescatori. Passo pedalando davanti alle povere case dei pescatori nei pressi dei canali: molti mi invitano a fermarmi e a entrare. Ringrazio e proseguo sinché, stanco, accolgo l’invito di una signora; nella piccola casa vive anche l’anziana madre: mi racconta che i suoi figli lavorano a San Pietroburgo e che suo marito è morto. Mi offre zuppa di cavoli, burro, pane e tè caldo: io mangio mentre mi guarda in silenzio. Parlando, scopro che quello era il suo pasto quotidiano: mi commuovo e le offro alcuni rubli, lei mi benedice. Riprendo a pedalare e penso a quanti nostri alpini, male equipaggiati e male armati, si sono salvati dall’inferno bianco grazie alla solidarietà di questa gente semplice e generosa. Arrivo a Nuova Ladoga.
Giovedí 19: temperatura -27 gradi. Il lago è sempre uno specchio di ghiaccio sul quale pedalo molto velocemente. Poco dopo le cinque mi fermo sulla riva dove monto la tenda e trascorro la notte.
Venerdí 20: Riprendo il cammino sul lago, che è sempre sgombro dalla neve, e in otto ore raggiungo Kobona dove monto il campo nei pressi del villaggio dei pescatori.
Sabato 21: parto da Kobona per Kokorevop, ultima tappa per l’attraversamento del lago. La temperatura è -21: continuo a sudare copiosamente. Per fortuna indosso abiti caldi e protettivi ma traspiranti quanto basta. Ho sete, sono dimagrito, ho perso l’appetito: non ne posso piú di liofilizzati, anche se in queste condizioni non c’è alternativa a questo cibo energetico al massimo e di peso e ingombro minimi. In questa parte del lago incrocio pescatori che viaggiano sul ghiaccio con le loro scassatissime auto Zigulí, tutte rattoppate perché non ci sono pezzi di ricambio e anche la benzina è un bene preziosissimo. Alcuni pescatori si muovono con il buran, una sorta di motoslitta costruita in stile carro armato, oppure con vecchie motociclette che scivolano su camere d’aria gonfiate a dismisura. Mi raccontano che una settimana prima del mio arrivo, nella zona di Yephoe, si è staccata un’enorme banchisa di ghiaccio, almeno 12 chilometri per 2, che ha trascinato via dieci pescatori raggiunti poi a fatica dai soccorsi. Un pescatore è purtroppo morto per ipotermia. La pesca qui è tutto: si gettano le reti per catturare lucci, carpe e altri pesci d’acqua dolce che costituiscono la gran parte del vitto delle famiglie che abitano nella regione. In un mercato ‘spontaneo’, le donne lungo le strade vendono pesce ai rari automobilisti di passaggio. A proposito di automobili: lungo i canali vengo sorpassato dai mezzi dei pescatori lanciati a tutta velocità, spesso senza freni, e questo per me rappresenta un pericolo perché devo stare attento a non essere investito. È una situazione ben strana: al ghiaccio che si muove (e sento gli echi dei forti rombi provocati dallo spezzarsi della banchisa) avevo pensato cosí come al gran freddo, ma davvero non avevo immaginato di dover anche temere le auto che sfrecciano senza regole sul lago. Arrivo a Kokorevo verso le 17: ultimo campo e, per fortuna, ultimi liofilizzati. La traversata del lago è finita.
Lascio Kokorevo domenica 22 febbraio per raggiungere in MTB la città di San Pietroburgo. Sono 40 chilometri e pedalare con le ruote chiodate su un terreno non ghiacciato è davvero un tormento, ma sono felice. Ho coronato un sogno: penso a casa e sono contento. Dedico questa mia avventura a Stefano Ferrero e Stefano Colombo e all’amico Mario Anemone con il quale ho percorso la “via del sale” sulle nostre Alpi. Eppure mi rendo conto che quanto ho vissuto in questi giorni mi è entrato dentro, è un fatto intimo. Le emozioni avute sono solo mie e non è davvero facile condividerle.

Tecnologia...

Per quest’impresa è stata utilizzata una bicicletta MTB Dual Power dell’azienda austriaca Progear Europa con cambio Shimano XTR, telaio in alluminio e due ruote motrici, con il movimento della ruota posteriore trasportato a quello della ruota anteriore attraverso una cinghia di tipo automobilistico, comandata da una frizione posta sul manubrio. Peso totale della bicicletta: 13 chili. Per il trasporto del materiale è stato utilizzato un carrettino in alluminio mod. Yak, fornito dalla Race Ware di Finale Ligure e dotato di uno sci apposito fornito dalla ditta Comelli srl. Il tutto per un peso di 30 chili, attrezzatura e materiale compresi. La tenda utilizzata è una Blizzard della Ferrino ditta che ha fornito anche i materiali tecnici (sacco a pelo, fornello, thermos) che ho sottoposto a vari test di usura. L’abbigliamento tecnico in Gore-tex, windstopper, pile e piumino è stato fornito dalla No Limits® Wear. Berretti e occhiali sono stati forniti dalla Matrix di Torino. Gli alimenti liofilizzati Lyofal sono stati forniti dalla Import Ex Port di Milano mentre gli integratori erano della ditta Officina Alimentare. All’impresa hanno collaborato le ditte DueA ed Elettroveneta di Padova. Ringrazio inoltre il signor Accardo della ditta Gore, la Cicli Mattio di Piasco (Cn) e la palestra Duke di Savigliano (Cn).

...e fisiologia di una pedalata



Il rischio di ipotermia e di congelamento è sempre stato presente e reale soprattutto per gli improvvisi sbalzi di temperatura: da -30 allo zero termico nel giro di poche ore per arrivare ai -40 notturni. Questo provoca delle conseguenze sulla compattezza della superficie ghiacciata (il cui spessore variava sul percorso effettuato dai 5 ai 35 cm), resa spesso impraticabile dalla neve molto farinosa che ha impedito la marcia in MTB, per cui per molti tratti ho dovuto spingere la bicicletta a mano.

Biografia del pedalatore

Maurizio Gedda, nato a Saluzzo nel ’56, è un atleta ben preparato: istruttore della Scuola Italiana di Mountain Bike, Istruttore della Federazione Italiana Survival Sportivo e Sperimentale, accompagnatore di escursioni con racchette da neve, ideatore e protagonista di varie imprese, come l’attraversamento del deserto lavico e del ghiacciaio Vatnajokull in Islanda. Venezuela, tre mesi di naufragio “volontario” nella foresta amazzonica. In collaborazione con No Limits® world è stato l’artefice degli interattivi “Ice ’95” “Snowshoeing ’96” e “TDR ’96” attuato nel 1997, causa rinvio per maltempo. Sportivo multidisciplinare: sci di fondo, paracadutismo, alpinismo, survival, snowshoeing e naturalmente mountain bike. Docente di topografia e tecniche pionieristiche presso la scuola alpina di Mauro Ferraris di Torino. Ideatore e realizzatore, insieme all’amico Mario Anemone, della Via del Sale in mountain bike, per la prima volta dal mar Ligure (Dolceacqua) alla Svizzera (Ginevra) lungo l’arco alpino occidentale. L’impresa di Gedda rientra nei programmi del gruppo Sector No Limits® Team, team del quale è entrato a far parte.

sabato 18 settembre 2010

IN BICI IN NUOVA ZELANDA


In bici in Nuova Zelanda
Niente tour operator, ma piccole agenzie locali in armonia con cultura e territorio.
Agriturismo e sistemazioni rurali selezionate in tutta Italia, ai prezzi migliori.
Riad e sistemazioni tradizionali in Marocco, di tutti i tipi, per tutte le tasche.
Agriturismo e sistemazioni rurali in Francia, dal Mediterraneo alla Bretagna.

Autore:
Maurizio Gavarini
Introduzione

Quando abbiamo manifestato ai nostri amici l'intenzione di fare un viaggio in bicicletta in Nuova Zelanda, i più ci guardavano come dei marziani;il commento più ricorrente era del tipo: perché fin là in fondo dall'altra parte del mondo? Cosa vi spinge a raggiungere quella terra agli antipodi ed a percorrere le sue strade con un mezzo così impegnativo per quei luoghi?
Le risposte che davamo erano molteplici e variegate, dettate comunque da un comune denominatore: scoprire quella terra così lontana e misteriosa con un mezzo che ci metta completamente in sintonia con un ambiente ancora intatto e selvaggio qual è quello della Nuova Zelanda.
Le nostre aspettative sono state completamente soddisfatte, sin dal nostro primo contatto con la terra dei kiwi.
Sì la terra dei kiwi perché è così che si chiamano, confidenzialmente, gli abitanti della Nuova Zelanda; è così che si chiama(per il suo verso) l'uccello notturno più curioso al mondo grande poco più di una gallina;ed è così che si chiama il frutto che qui cresce in abbondanza ed è una grande fonte di reddito per i neozelandesi con le pecore, il pesce e il legname.
Il primo contatto con il kiwi-uomo è avvenuto all'aeroporto di Christchurch, la terza città della N.Z.; un poliziotto della frontiera che ha sbrigato le severe formalità di dogana portava un bracciale nero in segno di lutto per il mancato passaggio alla finale dei campionati del mondo di rugby in corso di svolgimento in Gran Bretagna alla fine di ottobre da parte degli "All " (così vengono chiamati gli All Blacks la famosa nazionale neozelandese di rugby).
Sì gli "All" in N.Z. sono una fede, non c'è casa o pub che non abbia la televisione sintonizzata ad ogni ora del giorno sul canale che trasmette le notizie su questi famosi giocatori di rugby.
Il poliziotto comunque, da buon sportivo, viste le nostre biciclette dopo una rapida controllata alle ruote al fine di non introdurre terra e di conseguenza potenziali germi in terra neozelandese, ci ha congedati con grande cordialità augurandoci buon viaggio.
Il viaggio con la bici in Nuova Zelanda ci ha dato l'occasione di cimentarci per la prima volta con una impresa inconsueta:trovarsi impegnati in situazioni inconsuete ed impensabili, superare i propri limiti e scoprire l'animo selvatico e lo spirito pionieristico che è in noi.
Valli alpine, laghi, giungla e fiordi catturano l'attenzione di qualsiasi viaggiatore;i golfi, le spiagge, i vulcani attivi e i geyser dell'Isola del Nord conducono la nostra mente ad immaginare le sensazione che hanno provato i primi Maori quando giunsero in questa terra dalle lontane isole polinesiane nell'immensità dell'Oceano Pacifico.
Quanta luce c'è ad Aotearoa "l'isola della lunga nuvola bianca", nome con cui i Maori descrivevano questa terra lontana dove il giorno inizia prima che in qualsiasi altro posto.
La leggenda narra che un pescatore polinesiano di nome Kupe, proveniente da Hawaiki, scoprì lo stretto che separa le due isole della Nuova Zelanda mentre inseguiva una piovra gigante.
Tornato in patria, decantò la bellezza di quella terra provocando una migrazione di massa.
Secondo la storia, invece, attorno al 900 d.c. popolazioni Maori provenienti dalla Polinesia orientale sbarcarono sulle coste dell'Isola del Nord: si trattava probabilmente di genti che abitavano gli arcipelaghi corallini di Tonga e Samoa.
Il fascino della Nuova Zelanda è tutto da ricercarsi nel suo ambiente, un viaggio di una grande intensità fisica e interiore, accompagnato da dominanti cromatiche di tutte le tonalità del verde e del blu, colori che rendono questa terra un posto speciale per la vita dell'uomo.
La Nuova Zelanda è oggi una nazione all'avanguardia nella gestione del territorio, ma la scelta ambientalista è avvenuta dopo una radicale trasformazione biogeografia che nell'Ottocento ne ha completamente alterato l'ecosistema.
Oggi la Nuova Zelanda è uno dei paesi con la più alta sensibilità e attenzione verso l'ecologica: la prima legge per la protezione della fauna è del 1882, e dal 1953 l'intera fauna autoctona è protetta.





--------------------------------------------------------------------------------


Il popolo neozelandese non solo rispetta l'ambiente, ma pratica il trekking, il birdwatching, visita i parchi e ama tutti gli sport estremi come il rafting e il salto con l'elastico dai posti più impensati; ma i kiwi sono anche dei grandi viaggiatori infatti li si può incontrare in qualsiasi parte del mondo.
La nostra esperienza ci ha fatto conoscere delle persone veramente disponibili, aperte, cordiali e ben disposte al dialogo e interessate a conoscere gli usi e costumi del loro interlocutore.
A proposito di questo, ecco un aneddoto capitatoci: arrivati in un paesino disperso tra le montagne del Wanganui National Park, dopo una giornata di bici costantemente sotto la pioggia, fradici, infreddoliti e affamati non trovando alcun posto per passare la notte, una famiglia maori (papa mamma e due bambini), affacciatisi dalla finestra della loro casa vistoci in quelle condizioni, ci ha messo a disposizione un'aula della scuola del paese e rifocillati con della carne di pecora con patate.Il capo famiglia (l'insegnante della scuola) è un uomo enorme ma dolce, con il suo fare curioso ci ha intrattenuto fino a notte tarda con domande che riguardavano la nostra provenienza, il motivo del nostro viaggio, il nostro itinerario e quanto altro.
La considerazione che mi è nata nei giorni successivi a questo incontro è la seguente:
una nazione all'estremo del mondo, circondata dagli oceani e spazzata dai venti non poteva essere abitata che da un popolo amante delle forti emozioni e generoso nei confronti del prossimo.


CONFINI E SUPERFICIE

Situata nell'oceano Pacifico Meridionale a sud-est dell'Australia, la Nuova Zelanda comprende due isole maggiori, la North Island e la South Island e numerose isole minori, tra cui le isole Steward a sud della South Island.
Sono associate alla Nuova Zelanda le isole Cook e l'isola di Niue, mentre le isole di Tokelau ne sono una dipendenza.
Il Governo della Nuova Zelanda rivendica il possesso della Dipendenza di Ross in Antartide.

Il territorio della Nuova Zelanda, che comprende le Antipodes Island, le Isole Auckland, le Bounty Islands, le Campbell, le isole Chatham e le Kermadec Islands si estende su una superficie di 270.990 kmq.


MORFOLOGIA DEL TERRITORIO

Il territorio della N.Z. è prevalentemente montuoso (oltre duecentoventi cime famose che superano i 2280 m.) con vaste regioni pianeggianti.

Le principali catene montuose dell'isola North si trovano sul lato orientale dell'isola.La regione centrosettentrionale è invece occupata da una catena di origine vulcanica, con tre vulcani attivi, il Ruapehu m. 2797, la cima più elevata dell'isola:il Ngauruhoe m. 2291 e il Tongariro m. 1968.
Nell'estremità occidentale dell'isola sorge il monte Egmont m. 2518, vulcano estinto.
La regione del lago Taupo è ricca di sorgenti minerali calde. La principale catena montuosa della South Island detta Alpi Meridionali, si estende per tutta la lunghezza dell'isola, da sud-ovest a nord-est e comprende oltre sette cime che superano i 3048 m.
Il monte Cook m. 3764, la vetta più alta della N.Z., sorge proprio al centro della catena, in cui si trovano numerosi e imponenti ghiacciai. Le uniche aree pianeggianti alquanto estese della South Island sono le pianure di Canterbury Plains a est e quelle del Southland a nord.
La costa è frastagliata da profondi fiordi.


CLIMA

Il clima della Nuova Zelanda è generalmente mite, con escursioni stagionali minime.
L'estremità settentrionale della penisola di Auckland presenta le temperature più elevate, mentre quelle minori si registrano sulle pendici sudoccidentali delle Alpi Meridionali.
Le precipitazioni piovose variano da moderate ad abbondanti, fatta eccezione per una piccola zona nella regione centromeridionale della South Island, superano i 500 mm. all'anno.
Le precipitazioni più abbondanti interessano la costa sudoccidentale della South island.
Le temperature aumentano progressivamente da sud a nord; a Wellington la media di gennaio è di 21°C e quella di 7°C a luglio con una media di precipitazioni di 1245 mm, ad Auckland le temperature medie sono rispettivamente di 22°C e 9°C, con precipitazioni medie di 1790 mm.

ITINERARIO DI VIAGGIO

Christchurch ab. 320.000, capitale della regione del Canterbury è la più popolosa città di South Island e la terza del paese.Fondata nel 1850 da missionari anglicani, è la più inglese fra le città della Nuova Zelanda.Sono lo scorrere tranquillo del fiume Avon e la piacevole zona centrale in cui si concentrano l'università, caffè, il Canterbury Museum e il delizioso Botanic Gardens, a conferire a Christchurch un particolare aspetto molto più inglese di altre città della stessa Inghilterra.
E' da questa accogliente città che inizia la nostra avventura nella terra dei "kiwi".

L'itinerario si è sviluppato seguendo la costa orientale della South Island toccando i paesini agricoli di Waipara, Cheviot e Kaikoura una cittadina adagiata in una baia a ridosso della Kaikoura Peninsula protetta dalle cime, in inverno innevate, delle vicine montagne del Kaikoura Range.
Abitata da oltre mille anni dai maori, Kaikoura diventò nell'Ottocento una base di balenieri e cacciatori di foche; poi l'attività dei suoi abitanti si ridusse alla pesca del "crayfish" (in maori Kaikoura significa appunto mangiare l'astice). Kaikoura è diventata una meta naturalistica, il luogo del mondo dove è facile avvistare il capodoglio, la più grande balena dentata degli oceani.
Lasciata Kaikoura, la strada con i suoi numerosi saliscendi ci conduce al paesino di Ward, piccolo centro abbarbicato tra dolci colline sulle quali pendici pascolano indisturbate pecore e mucche.
Siamo nella regione del Marlborough dove si producono anche alcuni dei migliori vini neozelandesi.I saliscendi si fanno sempre più serrati e impegnativi per diversi km. fino a Blenheim, per poi raggiungere la cittadina di Picton 4000 abitanti situata all'interno del Queen Charlotte Sound, è il porto di partenza per raggiungere la North Island.
Picton ha un'atmosfera rivierasca con vecchi alberghi e pub coloniali, molte case dipinte a colori vivaci, un lungomare con le palme e un animato porticciolo.Il traghetto in poco più di due ore di traversata, insinuandosi tra i verdi fiordi, ci sbarca nella capitale della Nuova Zelanda "la ventosa" Wellington.E' una città sinuosa, che si sviluppa su diverse colline: ciascuna è un quartiere.Altri rioni sono incastonati nelle numerose baie che formano il golfo attorno a cui è costruita la città.Vivere a Wellington è piacevolissimo, i ritmi rilassati sono rimasti quelli di molti decenni fa, passeggiare tra i grattacieli di vetro della zona direzionale a due passi dal Parlamento conferisce all'animo un senso di tranquillità e protezione, è questo uno dei motivi per cui i suoi abitanti sono fieri di vivere in questa città.
Lasciata Wellington proseguiamo sempre costeggiando la North Island fino alla cittadina di Otaki il principale porto d'esportazione della N.Z., centro d'imbarco di legname e frutta. Lasciamo Tauranga, sotto un sole quanto mai desiderato prima, ci dirigiamo oramai verso le ultime tappe di questo nostro viaggio; la strada si fa pianeggiante e la nostra mente comincia a realizzare che l'avventura sta giungendo al termine.
Gli ultimi 200 km. si snodano passando per ameni paesini agricoli distesi tra dolci saliscendi delle verdi e rigogliose colline neozelandesi.
La Skytower che si staglia nel cielo di un azzurro quanto mai carico, ci dice che siamo entrati nella "città della vela" Auckland con il suo milione di abitanti ci appare gradualmente in tutto il suo fascino. Gli ottantamila alberi che assediano la City di Auckland non sono frutto della proclamata vocazione ambientalista dei neozelandesi, paese pulito e verde per eccellenza, ma i fusti che sostengono la veleria delle barche ormeggiate nel porto della città che si è guadagnata la fama di capitale mondiale della vela.
Basta passare una giornata a bordo di una barca che vi porta fra le isole dell'Hauraki Gulf per capire che non potrebbe essere altrimenti.Qui il vento è il dominatore assoluto, nel giro di pochissimo tempo può far cambiare le condizioni atmosferiche svariate volte, e bene lo sanno i nostri velisti di Luna Rossa.
In Nuova Zelanda la vela non è una moda dei tempi moderni, ma è nel sangue dei neozelandesi e non c'è da stupirci se vediamo un manager della city arrivare in giacca e cravatta al porticciolo di uno dei tanti Yacht club smettere gli abiti di lavoro e indossare quelli per la barca a vela.
La vela per i neozelandesi è parte integrante della loro cultura come il calcio nei paesi latino-americani.
Auckland è l'unica metropoli multietnica del paese, con genti, sapori e umori provenienti da tutto il mondo, ma in particolare dal Pacifico.Numerosi anche gli asiatici, soprattutto coreani, giapponesi, cinesi e indiani che hanno aperto ristoranti in tutti i quartieri della città.
Auckland è anche la città più grande del pianeta dopo Los Angeles: copre un'aerea urbana di 5.580 kmq.L'asse principale della città è Queen St., centro commerciale, finanziario e d'intrattenimento, sede di banche, compagnie aeree, cinema e teatri, ma anche animata e pittoresca galleria di numerosi negozi d'ogni genere.






--------------------------------------------------------------------------------


COME ARRIVARE

La Nuova Zelanda si raggiunge via Asia-Australia o via Stati Uniti-Polinesia.
Il modo più comodo e economico, avendo le biciclette al seguito come nel nostro caso, è volare a Christchurch via Singapore con Lufthansa e Air New Zealand.
Il periodo migliore è tra fine ottobre e fine dicembre. Il tempo comincia a stabilizzarsi al bello, si possono trovare biglietti aerei a prezzi convenienti, non ci sono troppi turisti, gli ostelli e i backpakers (sistemazioni simili agli ostelli) non sono affollati ed è facile trovare posto per dormire.


PER DORMIRE E MANGIARE

La Nuova Zelanda sembra una terra fatta a su misura per i cicloturisti.Gli itinerari sono concepiti per trovare a fine giornata comunque una sistemazione; nella stragrande maggioranza dei casi l'ostello o il backpaker sono le soluzioni che si incontrano più comunemente, sono pulitissimi, offrono la possibilità di cucinare e sono economici (con tariffe da 12 a 15 dollari neozelandesi).
Nelle situazioni di difficoltà i neozelandesi hanno un alto senso dell'ospitalità e quindi sono disponibilissimi a risolvere qualsiasi eventuale inconveniente capitatovi. Ricordarsi che nella zona del National park è difficile trovare sistemazioni per la notte; bisogna arrangiarsi con la tenda o chiedere ospitalità alla gente del posto.Le tappe a rischio sono:Wanganui-Parikino, Parigino-Pipiriki e Pipiriki-National Park.
Una soluzione interessante perché economica e pratica in assenza degli ostelli, è quella dei campeggi che offrono delle "cabinas" (stanza per dormire tipo bungalow) con servizi e l'uso della cucina esterni alle abitazioni e in comune con altre.


CONSIGLI UTILI

La bicicletta può essere messa nell'apposita sacca (ottima quella della Scicon) dopo aver smontato i pedali, il manubrio, la sella e consegnata al check-in all'aeroporto. Utile è fasciare tutte le parti delicate della bicicletta con della gomma piuma.
I copertoni più indicati per questo tipo d'itinerario, che prevede anche strade bianche, sono delle coperture per strada con asfalto grosso con battistrada laterale leggermente scolpito.
Da non dimenticare alcune camere d'aria di scorta, delle chiavi a brugola, un cacciavite per le microregolazioni del cambio, la chiave per il montaggio dei pedali, del filo di ferro, dello spago, leve per lo smontaggio delle coperture, della pasta lavamani, un lucchetto da bici e un rotolo di nastro per riparare eventuali strappi alle borse della bici.
Utile è un'assicurazione perché gli italiani che viaggiano in Nuova Zelanda non hanno diritto all'assistenza sanitaria pubblica gratuita, a meno che non restiamo vittime di un incidente automobilistico.


CHE COSA PORTARE

Sempre e solo l'indispensabile.Un aspetto da non trascurare è quello dell'abbigliamento
Tra le cose indispensabili da considerare un paio di scarpe da bicicletta e scarpe da trekking leggero da riposo e utili anche per pedalare sotto la pioggia, calzini tipo "coolmax" leggeri e asciugano in fretta, maglie e pantaloni da ciclista, completo per la pioggia, maglia pelle in capilene, cappello, occhiali da sole, giacchettino antivento, guanti tipo wind-stopper, cuffia con copri orecchie in pile leggero.Attenzione il casco in Nuova Zelanda è obbligatorio.
Per la libera uscita aggiungere un paio di jeans, una polo manica lunga e ovviamente l'intimo.


CHE COSA COMPRARE

Sculture e artigianato maori sono gli acquisti più interessanti e originali: legno scolpito e intarsiato di madreperla (ottima la scuola di Rotorua).Ottimi e di numerose fatture sono gli abiti sportivi e vari prodotti in pelle d'agnello, ma i prezzi non sono vantaggiosi.
C'è una grande produzione di maglioni di lana di varie linee e prezzi.
Molte le occasioni per comprare ottima attrezzatura per l'alpinismo, il campeggio e la vela.

NOTA. Un ringraziamento particolare a chi ci ha aiutato a realizzare il viaggio, rispettivamente:
Scicon per le borse da bici,
Selle Italia per le selle,
Windy per il materiale per la pioggia,
Giordana per l'abbigliamento,
Windtex per l'antivento,
Biotex per le maglie a pelle e
Gist per gli accessori tecnici.

Hanno partecipato al viaggio:
Maurizio Gavarini, Vlady Savoldo e Massimo Fontana tutti di Padova.
Il viaggio si è svolto nel mese di Novembre 1999.

domenica 5 settembre 2010

24h di Mountain bike a Milano






24 Ore di Milano 11-12 settembre 2010


Per diversi mesi è stato un brusio che aleggiava tra i biker di tutta Italia… Una 24 ore a Milano? Ma va! Ma dove la fanno in Duomo? In metropolitana?! No! Alla “Montagnetta”, ecco dove.

Chiamata comunemente “Montagnetta”, il Monte Stella ospiterà la prima 24h di Milano; nata come concetto già quest’inverno, grazie al patrocinio del Comune di Milano e ai suoi assessorati allo sport e al verde pubblico, oggi questa 24 ore ha preso concretezza.
La manifestazione prenderà il via sabato 11 settembre, ma il parco esposizione e l’aera demo coi prodotti delle aziende e la zona mercato per appassionati (e non) sarà già aperta da venerdì 10.
L’evento sarà organizzato da APEB media-events e coadiuvata per tutta la parte tecnica e di sviluppo del tracciato dallo staff della 24H di Finale Ligure.

Filosofia - La rinascita
Milano apre le porte ad un grande evento che vuole coinvolgere attivamente gli sportivi e gli appassionati ma, ancor di più, i neofiti e i curiosi. La principale mission di questo evento è far “rinascere” lo spirito sopito, ma non perduto, delle ruote grasse, nei milanesi.
La “rinascita” anche di questo piccolo angolo di verde milanese così che venga apprezzato e valorizzato al top dai milanesi e dai lombardi in genere, e lasci a chi viene da fuori un forte ricordo di Milano come città del verde e dello sport... facendo dimenticare quell'aurea di grigiore diffusa nell'immaginario collettivo. L'idea di “rinascita” si sposa perfettamente con lo spirito del geniale Maurizio Nichetti, che 30 anni fa girò a Milano Ratataplan, un viaggio surreale per la città e un'interpretazione anche della magnifica follia milanese, partendo proprio dalla Montagnetta.
Ovviamente gli organizzatori hanno contattato Maurizio per coinvolgerlo così da arricchire di contenuti questa manifestazione, in un progetto che vuole vedere la Montagnetta come simbolo di una rinascita culturale oltre che sportiva. La vera rinascita quindi è recuperare una mentalità che vuole la gente più protagonista del territorio e che la stimoli a usarlo in maniera attiva e soprattutto sostenibile.

Museo

Per completezza culturale sarà allestita un’area espositiva/museale che ripercorre tutta la storia della collinetta dal 1946 a oggi, passando per Ratataplan, il pionieristico Rampichino di Cinelli, terminando con la mountain bike con attrezzatura, foto storiche e documenti di grande interesse.

Demo Day

Per soddisfare l'immenso pubblico di appassionati delle 2 ruote, data la defezione della storica manifestazione milanese del settore, verrà allestito un villaggio “esposizione e test” in collaborazione coi maggiori marchi produttori del settore. Qui gli appassionati potranno provare in anteprima nazionale tutte le novità del 2011 su un percorso attrezzato ad hoc per tutti gli usi: dalla city bike al gravity più estremo e anche l’e-bike.

Bike Market

Sarà allestito un villaggio aperto a tutti dove chiunque potrà vendere e comprare sia bici sia componenti ed accessori, di cui il mondo della mountain bike addicted fa quasi una malattia. Troveranno spazio qui anche svariati altri servizi per tutti i visitatori.

Charity - Adotta un Big 

Tanti personaggi di spicco dello spettacolo e dello sport sono appassionati di mountain bike. Diversi di questi stanno aderendo all’iniziativa di charity “adotta un big”. I team potranno tramite un’asta online (dal 30 giugno al 5 settembre) “adottare” uno di questi big come membro del loro team. Tutto il ricavato andrà in beneficenza, nella fattispecie alla Fondazione Vialli e Mauro che parteciperà con la solita competenza e trasparenza all'iniziativa.

Percorso
Il percorso sarà interamente fuoristrada e presenterà un dislivello di circa 150 metri per giro.
A breve sarà pubblicata sul sito ufficiale la mappa del percorso e sarà possibile scaricare la traccia gps.

Perché Milano e perché il Monte Stella?
Milano rappresenta una fetta importante della storia della mtb.
Il 1980 vede la nascita e la diffusione del mitico Rampichino proprio nel capoluogo lombardo e non a caso in Montagnetta, unica “vetta” meneghina.
Il Monte Stella, noto ai milanesi come "La Montagnetta di San Siro" o più semplicemente "Montagnetta", è un rilievo che si trova nella zona nord-ovest di Milano, nel quartiere QT8. È uno dei parchi della città lombarda. Si tratta di una collinetta artificiale (con un’altezza di 170 metri sul livello del mare) formata inizialmente con l'accumulo di macerie provocate dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale e con altro materiale proveniente dalla demolizione degli ultimi tratti dei bastioni, avvenuta dopo il 1945. Il progetto si deve all'architetto Piero Bottoni, che lo dedicò alla moglie Stella, da cui la collina prende il nome e successivamente all’accumulo dei detriti venne realizzato il Parco Monte Stella, con una superficie di 370000 m² tra zone boschive e prati. Il concetto di “rinascita”, sul quale si basa la filosofia dell'evento, si sposa perfettamente con questo parco, che da cumulo di detriti della guerra si è trasformato in un luogo dove i cittadini di Milano possono ritrovare un ambiente ideale per l'attività sportiva. Il parco è realizzato su gradoni a salire, collegati da una strada panoramica che, girando attorno al monte, ne raggiunge la cima. Dai punti più alti si ha una vista della città e del suo hinterland, mentre dalla “vetta” la vista può spaziare su buona parte dell’Arco Alpino e degli Appennini. A nord ovest il rassicurante massiccio del Rosa, l'aerea ed estetica cresta Tasch-Dom e i “milanesissimi” rilievi della Grigna e del Resegone faranno da cornice alle serate della 24 ore di Milano.

PROGRAMMA:


venerdì 10 settembre
ore 8,00: allestimento
ore 9,00: apertura percorso per prove
ore 10,00: apertura villaggio demo-expo
ore 12,00: iscrizioni punzonatura
ore 20,00: chiusura area demo
ore 23,00: chiusura area ristoro-bar


sabato 11 settembre
ore 9,00: apertura sala stampa
ore 10,00: apertura villaggio demo-expo
ore 10,00: apertura area ristorante (per tutti); pasta day (per chi gareggia) e chiringuito (per tutti)
ore 12,00: performance “la rinascita” con maurizio nichetti, a seguire cerimonia di partenza
ore 13,00: inizio gara, in contemporanea animazione, expo e demo day.
ore 20,00: chiusura area demo
ore 21,00: inizio “riders party” con unplugged e proiezioni

domenica 12 settembre
ore 10,00: apertura villaggio demo-expo
ore 13,00: fine competizione
ore 14,00: premiazione

Tutte le info e aggiornamenti: www.24hmilano.it